Giornata mondiale della diversità: dite e (soprattutto) fate qualcosa di diverso
La newsletter di Cristina Giudici
Hola, non so se lo sapete ma fra le tante giornate universali piene di buone intenzioni c’è anche quella della Giornata Mondiale della Diversità Culturale, il Dialogo e lo Sviluppo.
La cultura assume forme diverse nel tempo e nello spazio. La diversità si rivela attraverso gli aspetti originali e le diverse identità presenti nei gruppi e nelle società che compongono l'Umanità. Fonte di scambi, d'innovazione e di creatività, la diversità culturale è, per il genere umano, necessaria quanto la biodiversità per qualsiasi forma di vita. In tal senso, essa costituisce il patrimonio comune dell'Umanitá, deve essere riconosciuta e affermata a beneficio delle generazioni presenti e future
Questo è il primo articolo della Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale, adottata dall’Unesco nel 2001 (anno funesto in realtà perché a New York vennero giù le Torri Gemelle e si cominciò a dibattere furiosamente dello scontro di civiltà con i Paesi e regimi islamici). Un anno dopo l’assemblea Generale delle Nazioni Unite decise di celebrare ogni 21 maggio la Giornata Mondiale per la Diversità Culturale, per il Dialogo e per lo Sviluppo, riconoscendo la necessità di promuovere il potenziale della cultura come mezzo per raggiungere prosperità, sviluppo sostenibile e una pacifica coesistenza globale. Una chimera come il desiderio di eliminare la povertà, la fame e la guerra nel mondo. Ma siccome anche il progetto di Nuove Radici è nato per dare un suo piccolo contributo per promuovere e valorizzare la diversità multiculturale, sarebbe cosa buona e giusta fare una breve riflessione. Certo, faccio un po’ fatica a essere ottimista nell’attuale contesto sociale e politico italiano ed europeo assai avverso al diritto alla mobilità delle persone e a ogni sfida che arriva dalle nuove generazioni con background migratorio. Soprattutto perché oggi sono parecchio amareggiata. Dopo aver tentato di aiutare una famiglia afghana a difendere i propri diritti dalle pratiche lesive e tentacolari del sistema di accoglienza (ve ne ho parlato la settimana scorsa, per chi si è perso una puntata potete leggerla qui), ho saputo che i familiari della calciatrice Samia Hamasi hanno alzato bandiera bianca: per timore di restare in mezzo alla strada, hanno accettato di essere trasferiti in un piccolo comune della Campania dove dovranno ricominciare tutto da capo, di nuovo. Detto questo, bisogna insistere e chiedersi cosa facciamo noi tutti per promuovere l’inclusione e la diversità culturale, o la cultura aumentata come la definisce il nostro amico, partner e compagno di viaggio Matteo Matteini di Vitality social. Nuove Radici ha ideato un progetto in sinergia con altre associazioni per creare un ponte fra le figure esemplari delle nuove generazioni e gli adolescenti che abitano le periferie per combattere la povertà educativa di cui vi racconterò i dettagli, mi auguro, se saremo in grado di realizzarlo. Ma sicuramente i dati sulla diserzione scolastica, sul mancato inserimento di tanti giovani cittadini stranieri non fermano un’evoluzione naturale degli intrecci multiculturali che per le nuove generazioni sono spesso quasi scontati.
La domanda che dobbiamo porci noi che lavoriamo nella comunicazione è invece la seguente: quali sono le politiche istituzionali per permettere a tutti i cittadini, indipendentemente dal proprio background, di poter salire sull’ascensore sociale senza fermarsi al primo piano o senza neanche pigiare il bottone?
Progetti tanti, soldi spesi parecchi anzi persino troppi e usati male; fiumi di parole che manco stessimo vogando sul Nilo, per dire. Risultati concreti pochi. Tranne quelli impliciti alle mutazioni sociali e culturali che, come ho già detto più e più volte, avvengono naturalmente, soprattutto negli ambiti scolastici. Ma non ci arrendiamo. Certo, quando la settimana scorsa ho potuto constatare quanto risibile sia lo sforzo che si fa per accogliere e inserire i minori stranieri in un sistema di accoglienza sull’orlo del collasso e ho letto che persino Lesley Lokko -curatrice della mostra The Laboratory of the Future della Biennale di Architettura- non riesce a ottenere il visto per il suoi collaboratori che dovrebbero arrivare dal Ghana perché non hanno i requisiti per entrare in area Schengen ( ⁉️ ⁉️ ⁉️), mi è venuta voglia di dire va be’, abbiamo scherzato e voltare pagina.
Per fortuna le persone sono spesso più intelligenti delle istituzioni che le governano. Per fortuna ci sono tante menti brillanti nella società civile che continuano ad aggregare risorse umane e a remare controcorrente con umanità ed empatia verso il prossimo. Quindi celebriamo la Giornata della diversità con spirito costruttivo, ma chiediamoci se nel 2023 siamo in grado di dire o fare davvero qualcosa di diverso
E smetterla di considerare le migrazioni un problema di ordine pubblico o di sicurezza che c’è, sarebbe disonesto negarlo, ma continua ad essere sempre di più una sfida culturale che ci riguarda e coinvolge direttamente. Così per una famiglia salvata dai talebani e poi trattata come un problema che finisce in un cono d’ombra, c’è sempre qualcuno che emerge, che ce la fa, che sorprende e costruisce grattacieli. Per questa e tante altre ragioni all’università milanese della Bicocca, lunedì 22 maggio, si terrà un incontro rivolto a tutta la comunità universitaria per celebrare la Giornata Mondiale per la Diversità Culturale, riflettendo sulla molteplice diversità culturale presente nell’ateneo dove studiano centinaia di studenti con background migratorio. L’idea è venuta a Sara Bohkali, studentessa di origine tunisina che nel maggio 2022 ha organizzato la prima edizione del Cultural day. Quest’anno l’evento è promosso dal gruppo di ricerca interdisciplinare che sta sviluppando due progetti legati alle tematiche della giornata UNI4ALL: Analisi dei bisogni della popolazione studentesca con background migratorio presso l’Ateneo, coordinata dalla docente Silvia Mugnano, e La valorizzazione degli studenti stranieri: multilinguismo e multiculturalità nell’Università di Milano-Bicocca, avviata da Ana María González Luna. Parteciperà anche Nuove Radici che modererà il dibattito con gli studenti con background migratorio perché vogliamo continuare a dire a e fare qualcosa di diverso.
Leggiamo, facciamo cose e vediamo gente
⭐️ I libri di NRW: L’era della non-pace
Se diciamo guerra di questi tempi il pensiero va all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Se invece adoperiamo la parole conflitto, i termini della questione cambiano. Non c’è tema divisivo che non porti al conflitto. Commercio, infrastrutture, diritto, migrazioni, social media: nel libro L’era della non-pace pubblicato da Egea, Mark Leonard spiega perché le connessioni che uniscono il nostro mondo siano le stesse che lo stanno disgregando. E che stanno facendo deflagrare conflitti sociali sempre più evidenti, che si parli di identità di genere e comunità LGQBT+, identità nazionali e migrazioni, utero in affitto e autodeterminazione. Non c’è tema che porti al conflitto, che non passi sotto gli occhi attenti di Mark Hugo Leonard, politologo e scrittore britannico, direttore dell’European Council on Foreign Relations, da lui fondato nel 2007. Dal 2004 scrive per Project Syndicate, un’organizzazione mediatica internazionale. Il suo non è solo lo sguardo dell’intellettuale distaccato, ma come civil servant ogni sua analisi può esserci d’aiuto per ritrovare la giusta direzione e una nuova coesione sociale. Come lui stesso ci dice: «Non è troppo tardi per cambiare rotta. È una questione di autoconsapevolezza. Invece di trattare i nostri conflitti come forze esterne, dobbiamo capire che traggono origine dal nostro stile di vita e dalle nostre scelte (non solo le grandi decisioni ma anche quelle piccole che neanche ci accorgiamo di aver preso). Analizzando noi stessi possiamo prepararci ai problemi e capire quali opzioni ci restano. Il nostro obiettivo non deve essere quello di fare a meno della connettività, ma di disarmarla. Dobbiamo cercare di eliminare il veleno dall’interdipendenza o almeno imparare a coesistere con poteri motivati da valori che non condividiamo». Il long read di questa settimana scelto e recensito da Fabio Poletti per NRW.
😳 Migliaia di persone abbandonate e bloccate nel deserto nigerino
Le deportazioni delle autorità algerine continuano. Solo nel 2022 Alarm Phone Sahara ha censito 24.250 persone respinte ad Assamaka, piccolo villaggio nel Nord del Niger. Nel primo trimestre del 2023 sono già oltre 8mila. Un ennesimo dramma raccontato da Altrəconomia.
© Msf
🥸 Turchia sospesa
Sarà il ballottaggio a decidere chi, tra Erdogan e Kilicdaroglu, sarà il prossimo presidente della Turchia. Un risultato storico, ma per le opposizioni la strada sembra in salita. L’analisi dell’Ispi.
👊🏽 Se siete a Venezia, oggi potete partecipare (anche su Facebook) all’incontro organizzato da Udik, l’unione donne italiane e kurde, per parlare del genocidio avvenuto nel Kurdistan iracheno. Se non conoscete la storia dello sterminio perpetrato dal regime di Saddam Hussein, quando fra il 1988 e il 1989 distrusse interi villaggi, facendo strage di civili con armi chimiche e deportazioni di massa, qui potete leggere la storia del genocidio di 150mila curdi.
🛑 #Stopexecution in Iran
Se potete, aiutate sui social media la battaglia della diaspora iraniana che sta cercando di fermare le impiccagioni dei dissidenti in carcere in Iran. Andate alle loro manifestazioni o condividete il loro appello 🙏🏽
🧘🏾 E infine, per alleggerire un po’ tutti questi argomenti pesi, vi propongo un suggerimento preso dalla brillante newsletter Digital Journalism di Francesco Oggiano sul canale YouTube di Lofi Girl (13 milioni di iscritti). Musica per studiare, concentrarsi, e rilassarsi. Pensata per gli studenti, la trovo adatta a chiunque sia stressato, cioè più o meno tutti noi. Con un’animazione stupenda, fra l’altro.
Daje, ci sentiamo giovedì prossimo. Se nel frattempo volete aiutarci, potete ricordavi di noi nella vostra dichiarazione dei redditi, grazie ! Qui sotto trovate il codice fiscale 👇🏽