Dalla polemica innescata da Paola Egonu all’esito delle elezioni regionali, mi sembra di vivere in una terra di mezzo dove regna il qualunquismo, il chissenefrega, la deresponsabilizzazione e il benaltrismo. Al netto delle tante persone che si impegnano per seminare il cambiamento, il risultato è sempre lo stesso: q-u-a-l-u-n-q-u-i-s-m-o. L’invettiva della pallavolista Paola Egonu mi è sembrata eccessiva perché se tutti sono razzisti, nessuno lo è. E non si può accusare un intero Paese per le discriminazioni che ha subito. Le sue parole all’interno di un’intervista rilasciata a Vanity Fair «Se mai dovessi avere un figlio di pelle nera, vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io. Vale la pena, dunque, far nascere un bambino e condannarlo all'infelicità?», hanno provocato una reazione ostile in questo ordine: sei ricca, sei giovane, hai successo, torna a casa tua. Sul palco di Sanremo ha fatto una narrazione più edulcorata della sua esistenza ma l’Ariston è il sipario per antonomasia del qualunquismo politicamente corretto, dove fluidità ostentata, scatti d’ira e lo scialle manifesto di Chiara Ferragni vanno presi per quello che sono: marketing.
I richiedenti asilo si accalcano all’alba davanti alle questure per avere una risposta che non arriva e vengono ignorati, se non respinti con violenza? E chissenefrega, ci penserà qualcun altro (e infatti a curarsene ci sono solo alcune associazioni).
Ci sono le elezioni regionali e in Lombardia il 60% degli elettori non vanno a votare? E vabbè, tanto i politici se la cantano e se la suonano da soli. La giunta regionale ha gestito in modo disastroso l’emergenza Covid? E noi rimuoviamo il ricordo doloroso, disertando le urne per rassegnazione e disincanto perché dare un segnale alla classe dirigente che prende decisioni sulle nostre vite non sembra essere una priorità. E preferiamo restare fuori dai giochi e dalle urne, ricorrendo al birignao invece di pensare alla difesa reale, non da indignazione sui social, dei nostri diritti calpestati
In una settimana si sono registrati due casi di violenza e segregazione di giovani di seconda generazione che si sono ribellate ai matrimoni forzati? Casi di cronaca che finiscono nel frullatore dell’indifferenza generale. Inizia il processo per il barbaro omicidio di Saman Abbas, la pachistana uccisa e sepolta a pochi metri da casa sua nella notte fra il 30 aprile e il primo maggio del 2021? Si presentano le associazioni femministe per chiedere di costituirsi parte civile, ma il fenomeno sommerso che riguarda migliaia di adolescenti non è un problema nostro, semmai della sua comunità. « Fate una legge per vietare i matrimoni forzati, no?», hanno detto in tanti, ignari della norma che già è stata fatta, ma la sfera magica per prevenire la furia omicida di una famiglia disonorata ancora non c’è. Ci vorrebbe un lavoro di prevenzione all’interno della comunità pachistana, ma chissenefrega, tanto si sa che i pachistani sono lavoratori e questo ci basta.
In Afghanistan continua il genocidio del popolo hazara da parte dei talebani? Ogni volta che lo ricordo a qualcuno, mi guarda inebetito perché non sa di cosa sto parlando o assume un’espressione compassata come per dire che è grave ma che ci possiamo fare?
La diaspora iraniana continua a protestare in tutte le città italiane ed europee per mantenere accesi i riflettori sulle esecuzioni di giovani dissidenti? Risposta tipica: «Grave, ma oggi non riesco a venire guarda, sono davvero presa. Tanto la fate ogni sabato, vero?». L’invasione russa in Ucraina? Il 24 febbraio si commemorerà un anno di devastazioni e crimini di guerra, si aspetta una nuova offensiva ma il nome Zelensky ormai provoca una serie di sbuffi insofferenti perché la vita è diventata cara e insomma chi non ha problemi, oggi? E potrei fare un lungo elenco delle emergenze italiche, ma cambiando il numero degli addendi il risultato non cambia. Ossia una pernacchia alla Sordi. Intendiamoci, c’è una parte d’Italia che non resta ferma, reagisce e cerca di promuovere dei cambiamenti. Ma che si parli di razzismo, emergenza ambientale, lavoro povero, periferie, urne disertate, guerre, la reazione fatalista e qualunquista è sempre più comune. Che si può riassumere con un’esclamazione: Vabbè.
La mia reading list
⭐️ I libri di NRW: Via verso la notte
I grattacieli sono la prima immagine riconoscibile di New York, la grande mela, the big apple come le succose mele rosse che negli Anni Venti rifilavano ai musicisti jazz afroamericani alle prime armi, al posto dei sonanti dollari. Ma New York è pure il più grande laboratorio multietnico al mondo. In città vivono più di 8 milioni e 300 mila abitanti, il 40% di loro sono nati al di fuori degli Stati Uniti. Secondo la Endangered Language Alliance (Ela), organizzazione per la conservazione dei linguaggi, a New York si parlano 800 lingue e dialetti. E allora si capisce che in questo Via verso la notte, scritto da Edward Allen e pubblicato da Mattioli 1885, il protagonista non è solo Chuck Deckle, aspirante macellaio senza arte né parte, ma l’intera città, attraversata da Chuck sul suo Maggiolino giallo fin nelle pieghe più recondite. Edward Allen, classe 1948, di New Haven, in Connecticut, dopo il college ha esercitato diversi lavori, tra cui molti nel mercato della carne. In seguito ha ripreso gli studi presso la Ohio University e ha insegnato in diverse università americane ed europee. Nel 2002 ha vinto il Flannery O’Connor Award for Short Fiction. Si capisce che oltre all’abilità narrativa c’è molta vita vissuta in questo romanzo che si legge d’un fiato. C’è l’odore della carne al mercato che frequentava da apprendista macellaio dopo il college, c’è il frastuono del traffico e ci sono i bagliori di una città notturna in cui si agita un’umanità arrabbiata e dolente. È in un mondo rischiarato appena dalle insegne al neon dei centri commerciali della periferia di New York che si svolge l’avventura del giovane Chuck Deckle. Da Manhattan al Bronx, Chuck segue il suo destino di rivolta, lontano dagli stereotipi borghesi che la sua famiglia e la sua istruzione gli additano, immergendosi nella notte e nel duro lavoro dei macelli. È l’odore della carne che sale da queste pagine dense di poesia, di sensazioni, di colori, fra le urla dei capi reparto, le voci degli operai, e la solitudine di un ragazzo che attraversa New York sulla sua Volkswagen scassata. Il long read recensito e scelto da Fabio Poletti è tratto da Via verso la notte di Edward Allen. Protagonista New York, il più grande laboratorio multietnico al mondo.
⭐️ Ascensori guasti
L’analisi di Welforum della mobilità sociale, che è sempre più ferma.
⭐️ Le donne nella società tunisina dopo le primavere arabe
Il progetto, grazie alla collaborazione tra il CeSPI e l'Associazione Six degrees, vuole diffondere una conoscenza articolata del contesto tunisino in relazione alla dimensione dell’empowerment femminile e alla sua evoluzione nel corso dell’ultimo decennio. Mobilizing Women: le donne nella società tunisina del post 2011.
⭐️ La poesia che non ha bisogno di parole
Tecnicamente, la Caa è la comunicazione aumentativa alternativa. Nella vita vera, è la possibilità di parlare, per chi non può usare la voce e di fare poesia anche senza usare le parole. Come fa Angelo Signorello, tetraplegico dalla nascita. E come insegna Aurelia Rivarola, neuropsichiatra. L’intervista su Redattore Sociale.
⭐️ Cosa succede ai migranti, fermi davanti a uno sportello chiuso
Prosegue il monitoraggio dell’associazione Naga in via Cagni, davanti agli uffici della Questura, dove vengono raccolte le richieste di protezione internazionale a Milano.
⭐️ Perché i tweet dopati di Elon Musk sono pericolosi
Tutto quello che dovete sapere su come il capo di Twitter sta facendo disinformazione: l’inquietante analisi di Wired.
Ps. Non vi ho parlato del festival di Sanremo, come promesso, perché la settimana scorsa la newsletter è saltata per motivi tecnici e forse è stato meglio così. A voi è piaciuto?
A giovedì prossimo!