Vita e libertà contro il fondamentalismo in memoria di Mahsa Jina Amini
Pensieri e racconti intrecciati dalle Nuove Radici
Per Mahsa Jîna Amini e per tutti quelli dei quali non conosciamo neanche il nome
Questa settimana mi prendo uno spazio pubblicitario per una buona causa. Venerdì 4 aprile uscirà un libro scritto con Fabio Poletti, già inviato de La Stampa e curatore della rubrica letteraria di NRW: Vita e libertà contro il fondamentalismo. Ispirato a una ricerca per la Fondazione Gariwo sulle donne e gli uomini giuste che hanno combattuto e combattono il fondamentalismo nei Paesi musulmani e nelle teocrazie. Nato dopo la rivolta Donna, Vita, Libertà in Iran, racconta quaranta storie di donne e uomini che si battono o si sono battute per la difesa della libertà di scelta, i diritti umani. Quaranta storie in dieci Paesi. Con la prefazione di Younis Tawfik, scrittore e amico iracheno che ha perso amici e familiari durante l’occupazione dell’Isis della sua città natale, Mosul. Perciò vorrei parlarvi di cosa abbiamo fatto, per due anni, cercando figure “esemplari” che hanno vissuto esistenze drammatiche per combattere l’apartheid di genere o l’interpretazione distorta dell’islam e scrivere un romanzo corale su donne e uomini diventate famose ma anche sconosciute al mondo occidentale che rappresentano una luce di speranza per tutti e tutte noi. Uno stimolo per ragionare sui diritti che continuiamo a considerare scontati nella fragile, fragilissima, Europa.
Ci sono tanti uomini e soprattutto donne che in Medio Oriente stanno cercando di fare la differenza difendendo i diritti umani, in nome della democrazia a cui aspirano.
Non lottano contro l’islam, il Corano o gli oltre 2 miliardi di fedeli nel mondo che professano la religione di Allah e il suo messaggero Maometto. Sono persone che rivendicano la libertà di culto, credono nella pace, nel diritto universale a non essere succubi di una teocrazia che impone loro come vestirsi, cosa pensare, in che modo vivere ed esprimersi
Si tratta di un racconto corale che è un inno alla libertà, talvolta paradossalmente anche alla gioia, costruito attraverso le storie di chi ha scelto di assumersi la responsabilità delle proprie idee perché era impossibile, quasi innaturale, restare indifferenti. Le principali protagoniste di questo romanzo corale sono innanzitutto le donne iraniane che hanno innescato una rivolta che è diventata l’emblema di una generazione e poi di tutto un popolo che vuole abolire la Repubblica Islamica e, con le dovute proporzioni, evoca un’altra generazione che ha picconato il muro di Berlino nel nome della democrazia, ricordando a tutti noi europei ed occidentali che i diritti non sono mai scontati e vanno difesi sempre.
C’è un minimo comun denominatore che lega le storie di questi uomini e donne, talvolta popoli interi, come gli Hazara in Afghanistan o i Rojava nel Kurdistan senza patria diviso tra Turchia, Iran, Iraq e Siria. Un filo rosso che passa i confini di Afghanistan, Arabia Saudita, Egitto, dell’Hazaristan afghano, del Kurdistan, Iran, Iraq, Libano, Mali, Marocco, Oman, Qatar, Sudan, Tunisia e dell’Arabia Saudita, i Paesi da dove vengono gli eroi e le eroine di questi drammi contemporanei
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