Tatami: un'unione artistica iraniano-israeliana più potente dei droni
La newsletter di Cristina Giudici
Atmosfere post-sovietiche nella capitale della Georgia, Tblisi. Un dramma in bianco e nero che toglie appositamente le sfumature e i colori cancellati da una teocrazia. Una sfida tra judoka che si allarga in diversi cerchi e diventa una danza per la libertà. E due donne unite dallo stesso destino al centro del tatami che hanno lo stesso coraggio. Ma soprattutto dietro le telecamere un regista israeliano e un’artista iraniana che insieme hanno prodotto una fiction, ispirata in modo indiretto alla realtà. Risultato: un thriller politico strepitoso che è una storia dentro tante storie e ci ricorda come sia semplice superare diffidenze e creare opere di pace. Ora che l’Iran ha “telefonato” a Israele per dargli il tempo di fermare missili e droni e reagire all’offesa dell’omicidio di una figura chiave dei Pasdaran. E a pagarne le conseguenze sono stati ancora una volta i diritti dei popoli stritolati dai regimi e sovrastati dall’escalation in Medio Oriente.
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Il film di Guy Nattiv (israeliano trasferitosi in America) e Zar Amir Ebrahimi (esule iraniana in Francia) è nato dopo tante esitazioni e diverse minacce. Ispirato alla storia vera della pugile Sadaf Khadem, che non ha più potuto tornare in Iran dopo aver vinto un incontro internazionale di boxe senza hijab e a quella del judoka iraniano Saeid Mollaei, costretto a ritirarsi per non incontrare sul tatami l'israeliano Sagi Muki, non si limita a raccontare la ribellione contro i mullah. Parla della spontanea amicizia fra due atlete provenienti da due Paesi nemici (anche se appena accennata nel film) e soprattutto racconta la collaborazione artistica che è praticamente e simbolicamente molto importante. Praticamente perché Zar Amir Ebrahimi è vulnerabile come tutti gli esuli iraniani all’estero. Simbolicamente perché Guy Nattiv sfida anche il governo israeliano e il tabù di cooperare con un cittadino del Governo che da decenni vuole distruggere “l’entità sionista”. L’arte è arte, d’accordo, ma questa arte parla anche ai popoli, stringe mani, apre braccia, spalanca le menti, si insinua nei cuori.
Dettaglio molto importante: Tatami è stato girato a metà strada tra Tel Aviv e Teheran, sotto la copertura di un non meglio precisato lungometraggio sul judo, per evitare che fosse impedito loro di girare il primo film diretto da un regista israeliano e una regista iraniana, come ci ha ricordato Elisa Mariani nella sua recensione per GariwoMag
Si tratta di un dettaglio significativo perché le generazioni ribelli iraniane guardano ad Hamas come agli ayatollah, cioè come a una brutta copia del regime che combattono ma soffrono per il popolo palestinese. E per quanto, come ha osservato l’autrice di Leggere Lolita a Teheran Azar Nafisi, la guida suprema Khamenei abbia solo strumentalizzato la causa palestinese, non dimentichiamo la protesta del premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi contro il governo israeliano e la sua richiesta del cessate il fuoco.
Tatami è un film sorprendente, ma lo è ancora di più il fatto che sia stato realizzato da un israeliano e da un’iraniana. Prima d’ora, una collaborazione fra questi due popoli è sempre stata considerata una cosa impensabile, come la sfida sul tatami che si deve evitare fra le due judoka raccontata nel film. Infatti Zar Amir Ebrahimi ha dichiarato:
La storia che raccontiamo in questo film è la storia di troppe atlete iraniane che hanno perso occasioni di una vita, costrette a volte a lasciare il proprio Paese e i propri cari a causa di conflitti tra sistemi e governi. Possa questa collaborazione artistica e cinematografica tra me e Guy essere un omaggio nei loro confronti, al di là dei deliri di odio cieco e reciproca distruzione
I popoli non sono i loro Governi, è banale, dirlo, soprattutto se non sono democraticamente eletti, ma la storia artistica di Tatami è un drone che non è stato “telefonato” ed è arrivato a destinazione perché dimostra che si possono fare operazioni potenti e universali contro l’odio.
Leggiamo, facciamo cose e vediamo gente
📚 I libri di NRW: Ero roccia, ora sono montagna
Il suo nome significa brezza. Ma Nasim Eshqi è un uragano. Lo è sempre stata, anche da bambina, quando il padre le impose il velo a 7 anni e lei sognava di essere un maschio e si tagliava i capelli corti, per non sottomettersi alla legge islamica. Nasim Eshqi, insieme a Francesca Borghetti, si racconta in questo libro, Ero roccia, ora sono montagna, pubblicato da Garzanti. Il racconto autobiografico parte da questa bambina assai vivace, che alleva un’aquila e smette di fare kickboxing anche per non indossare la hijab e si avvicina all’alpinismo e al freeclimbing. Se in città era costretta ad andare in giro velata, in montagna era libera di togliersi il velo prima di affrontare le rocce a mani nude coperte solo di polvere di magnesio per avere una maggiore presa. Ma tutto questo ha avuto un prezzo: è stata fermata decine di volte dalla Polizia Morale di Teheran e trattenuta per giorni in cella in isolamento, solo per essersi arrampicata insieme agli uomini, per essere andata in giro in bicicletta o per non aver indossato correttamente il velo. Nasim Eshqi, nata il primo giorno di primavera, è l’unica alpinista professionista iraniana, nota per l’apertura di oltre cento nuove vie tra Europa e Medio Oriente. Oltre allo sviluppo di pareti in aree remote, si dedica all’empowerment delle nuove generazioni e soprattutto delle giovani donne, con un impatto che va oltre l’arrampicata. Attraverso incontri e conferenze, promuove l’espressione individuale e l’importanza di essere autentici. La sua battaglia personale contro l’oppressione della libertà personale ha fatto di lei una paladina dei diritti delle donne e l’ha incoraggiata a raccontare la propria storia in questo libro. Qui potete leggere la recensione di Ero roccia, ora sono montagna di Fabio Poletti per NRW.
🔴 Il Cpr di Milano chiude e Il Naga fa un esposto contro le violenze
🎙️ Podcast Globo: Il prezzo amaro del cioccolato
Il prezzo del cacao è aumentato a dismisura negli ultimi mesi e questo episodio di Globo racconta l’enorme mercato, le storture e i Paesi che sono coinvolti nella produzione delle nostre tavolette di cioccolato. A cura di Eugenio Cau.
😆 Una grassa e grossa risata a Slow Mill
Nello spazio multiculturale di Slow Mill, si trovano spesso le voci più famose della stand-up Comedy.
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Sono tempi complicati, non perdiamoci di vista, a martedì prossimo 🕊️