Storia breve di una serata radiosa per i profughi birmani dimenticati
La newsletter di Cristina Giudici
Ciao, nel caos creato dal crollo del regime siriano, voglio parlarvi di gentilezza. E cioè di quella empatia che ha portato un numeroso gruppo di amici e conoscenti ad adottare una famiglia in fuga dalla Birmania, arrivata un anno fa in Italia.
Foto di Claudio Batta
Venerdì sera la mia casa si è riempita di amici miei e di Paola Calore. L’occasione è stata una cena di solidarietà per una famiglia birmana (due giovani genitori con tre piccoli bimbi) fuggita dalla guerra. Lo so, quello che accade in Birmania non appartiene alla cronaca italiana. Lo so, la Birmania è lontana ma “loro” , fortunatamente, sono qui. Dallo scorso anno la loro situazione è molto migliorata grazie all’associazione Italo birmana di cui Virginia King è l’infaticabile cuore. Paola Calore ci ha ricordato il valore dell’amicizia e della solidarietà. Riccardo Labadini, l’uomo generoso che ha messo a loro disposizione una casa dove stare, mi ha addirittura omaggiato un magnifico mazzo di fiori. Una serata fantastica! Grazie, grazie, grazie miei cari complici, ha scritto Bianca Pilat su Facebook
Breve riassunto: tre anni dopo il colpo di stato militare che il primo febbraio 2021 ha deposto il governo eletto della Birmania, il Paese è devastato da una guerra civile. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato nel dicembre 2022, ci sono due milioni di sfollati e cinque milioni di bambini in difficoltà. Aung San Suu Kyi, leader del governo rovesciato dal golpe, sta scontando una condanna a 27 anni di carcere per accuse che includono la violazione delle misure contro la pandemia e brogli elettorali.
Foto di Claudio Batta
La cena solidale per la famiglia Tee composta da Martin, Eugenie e i loro tre figli è stata l’ occasione per parlare della tragedia birmana. Martin, che prima di fuggire faceva la guida turistica, ha condiviso un’accorata e commossa testimonianza mentre Virginia King ha raccontato i progetti dell’Associazione per l’Amicizia Italia Birmania.
Il conflitto interno, privo della dovuta attenzione internazionale, senza al momento nessun tentativo di arrivare a una soluzione pacifica, sta pesantemente colpendo soprattutto i civili inermi e dissanguando la nazione. Oltre il 75 per cento dei 55 milioni di birmani vivono oggi in condizioni di disagio economico, con 13,3 milioni di individui prossimi alla fame. Per l’Unicef, più di 5 milioni di minori hanno bisogno di assistenza umanitaria e 7,8 milioni di adolescenti non hanno istruzione. L’economia è al collasso, con un tasso di disoccupazione pari al 40%.
Dopo il colpo di stato del primo febbraio del 2021, si è scatenata una sanguinosa battaglia tra miliziani etnici armati — riuniti successivamente in un’alleanza — e la giunta militare golpista, con un bilancio di oltre 50.000 vittime, tra le quali 103 prigionieri politici morti in carcere, e circa 2,3 milioni di sfollati.
Gli amici birmani hanno parlato dei bombardamenti sulle scuole, della casa creata all’interno della prigione per il premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, della guerra dimenticata, ma lo hanno fatto con una tale gentilezza e un sorriso che sarà pure parte del loro patrimonio culturale ma è sembrato un raggio di sole improvviso. Virginia non ha mai smesso di sorridere anche quando ha detto ai tanti amici arrivati per ascoltarli, aiutarli, che finalmente è stato emesso il mandato di arresto della Corte Penale Internazionale per il generale Min Aung Hlaing, capo della giunta militare del Myanmar (Birmania) per crimini contro l’umanità, deportazione e persecuzione dei Rohingya. Qui potete leggere l’appello di Paola Calore e le indicazioni per aiutare la causa birmana oltre alla famiglia Tee.
Fine della breve e bella storia di una serata particolare in casa di Bianca Pilat che ha dedicato la sua vita all’arte.
Ps. I profughi birmani in Italia sono 400.
Leggiamo, facciamo cose e vediamo gente
📚 I libri di NRW: L’isola dei femminielli
Nei lager nazisti erano costretti a portare un triangolo rosa, in segno di scherno e disprezzo. In Italia, sotto il fascismo, venivano arrestati e mandati al confino. Avversi ad ogni regime, anche oggi neh, gli omosessuali hanno vissuto e vivono sulla loro pelle ogni tipo di discriminazione. Da quella verbale, con l’uso di termini denigranti, dove femminiello che dà il titolo al libro è forse il meno peggio. A quella sociale, che talvolta si manifesta in modo violento. Aldo Simeone, in questo L’isola dei femminielli pubblicato dall’editore Fazi, ricostruisce la comunità gay finita al confino nell’isola di San Domino, la più grande delle Tremiti, sotto il fascismo. I femminielli alloggiano in due baracche fatiscenti, con un secchio a fare da gabinetto e un camino mal funzionante per le notti più fredde. Sono perlopiù siciliani, perché arrestati per un omicidio avvenuto anni prima a Catania e tuttora impunito, che continua a perseguitarli. Ci sono la Fisichella, dallo sguardo sornione, sempre in urto con il mondo, la Picciridda, appena diciottenne, che ama travestirsi da donna, la Leonessa, afflitto da attacchi epilettici e con strani segni sul corpo; e poi la Sticchina, il Professore, il Dottore, la Peppinella, vittime, come Aldo il protagonista, di pregiudizio e intolleranza. La vita a San Domino è dura, scandita dal disprezzo degli abitanti dell’isola, incontri clandestini nei boschi e la conta dei carabinieri, esiliati anche loro e non disdegnosi di trovare conforto tra i femminielli. Nonostante le intenzioni del regime, dalla segregazione nascerà una comunità di uomini paradossalmente liberi e solidali. Con una scrittura delicata e toccante, l’autore ricostruisce la vicenda di alcuni giovani che vennero puniti per la loro diversità. Un libro coraggioso che narra un pezzo dimenticato della storia italiana attraverso singole esperienze di discriminazione e resistenza. Un racconto sui rapporti umani e sul confine, spesso sottile, che separa prigionia e libertà. La recensione integrale di L’isola dei femminielli e un estratto del libro nella rubrica di Fabio Poletti per NRW.
💀 Le immagini dal mattatoio di Sednaya, in Siria.
Evito sempre di pubblicare contenuti cruenti, ma credo sia giusto mostrare cosa è stato trovato, per ora, nel mattatoio del carcere di Sednaya. Guardarlo o meno è una vostra scelta.
‼️ Sospese le procedure per i richiedenti asilo siriani in diversi Paesi
Sette Paesi membri hanno già sospeso la valutazione delle richieste, ma esiste l'obbligo di garantire l'accesso alle procedure d'asilo previste dalla Convenzione di Ginevra. Cosa farà l’Italia?
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