#stealthyfreedoom. L'urlo della generazione '80 (1380) contro i mullah iraniani
La newsletter di Cristina Giudici
#Stealthyfreedoom. L'urlo della generazione '80 (1380) delle giovani donne iraniane (ma non solo) che sfidano i mullah nelle piazze per affermare la propria libertà. Una donna che si toglie il velo e agita le braccia in aria nel quartiere Narmak di Teheran. Una giovane, Hadis Najafi, che davanti alle forze dell'ordine si raccoglie i capelli biondi e poi viene uccisa con sei proiettili. Un uomo che brucia uno striscione della guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, nella città meridionale di Shiraz. Una ragazza che sui social intona Bella Ciao in persiano. La chiamano generazione ‘80 perché secondo il calendario persiano le protagoniste della primavera iraniana sono nate nel 1380 (nel 2001 per noi) nonostante siano giovani affamate di riscatto e di contemporaneità.
Il video diventato virale di una ragazza che canta Bella Ciao in lingua persiana per chiedere giustizia è diventata una melodia straziante ed è servita a richiamare l’attenzione mondiale verso una nuova generazione tornata nelle piazze in nome della #Stealthyfreedom dopo che una giovane curda di 22 anni, Masha Amini, è stata fermata dalla polizia morale e uccisa per un velo indossato in modo inadeguato.
#Stealthyfreedom è l’hashtag condiviso sui social in nome di una libertà “furtiva” contro le società patriarcali dei regimi islamisti. Sui social, le femministe iraniane si tagliano i capelli in segno di lutto e di ribellione, mentre in Iran vengono uccise e torturate. Secondo il centro Iran human rights di Oslo sono 76 i manifestanti uccisi e 1000 feriti dall’inizio della protesta nata in nome di Masha Amini che non riguarda solo le donne ma un’intera generazione nata nel terzo millennio e chiede pane, riforme e diritti (le esecuzioni in Iran nel 2022 sono state 414 e 6285 dal 2010). Una protesta contro una società patriarcale che asfissia tutti, uomini compresi. E Bella Ciao che in persiano suona come una disperata richiesta di aiuto all’occidente ci fa capire come questa nostra malmessa libertà sia ancora una solida aspirazione per tanti giovani oppressi dai regimi islamisti. Un canto, in questo caso specifico, semplicemente immenso.
#Stealthyfreedoom. L'urlo della generazione '80 (1380)
ll pugno di ferro contro le manifestazioni in Iran sta alzando il livello di tensione tra Teheran e molti paesi occidentali. La primavera iraniana è dilagata in 80 città, persino a Qom, centro spirituale sciita e baluardo dell’autorevolezza morale della Repubblica Islamica. I video postati sui social mostrano scene mai viste prima: giovani donne che si tolgono il velo e folle che cantano slogan contro l'ayatollah Khamenei definendolo “vergogna della nazione”.
La rabbia ha contagiato uomini e donne, giovani e meno giovani. Star del cinema e personaggi dello sport twittano messaggi di sostegno ai manifestanti, come quello di Roger Waters dei Pink Floyd.
E in Italia? La protesta è stata portata in piazza da studenti universitari con il motto Donna, vita e libertà. Ci sono state manifestazioni a Milano, Roma, Genova e Bologna di studenti e attivisti della diaspora che si ritroveranno di nuovo sabato primo ottobre in piazza della Scala. In nome di una libertà femminile e femminista contro le società oscurantiste.
#Mystealthyfreedom è un movimento lanciato dalla giornalista Masih Alinejad. Da diversi anni posta sul suo profilo Instagram le immagini di donne che vogliono liberarsi dal velo, considerato il vessillo dell’oppressione sociale e politica in Iran. Nella sua autobiografia Il vento fra i capelli: la mia lotta per la libertà del moderno Iran racconta la sua lenta emancipazione per lei che è nata in un piccolo villaggio dell’Iran del nord, nella provincia di Mazandaran. E della guerra di una generazione obbligata a nascondersi o a fuggire.
Ora però la generazione ‘80 non si nasconde più. Pronta a immolarsi per la propria battaglia contro il regime iraniano, è fatta da uomini e donne che sfidano i mullah
Come quel giovane uscito di casa e mai rientrato che- prima di andare in piazza a Teheran- ha detto a sua madre: «Il mio sangue è prezioso come quello delle mie sorelle». Immenso pure lui, come quella giovane che ha trasformato Bella Ciao in un urlo straziante che tutto l’occidente dovrebbe ascoltare (e poi agire).
La mia reading list
⭐️ I libri di NRW
Otto milioni di vittime alla fine dell’Ottocento. Altre migliaia – milioni? – nei decenni a venire, fino ai giorni nostri. Gli hazara, un tempo etnia maggioritaria dell’Afghanistan, discendenti di Gengis Khan e di popoli di origine turca, abitanti delle montagne al centro del Paese, sono vittime non riconosciute del genocidio compiuto da pashtun e talebani, che va avanti ancora oggi. La loro è una storia quasi sconosciuta. Questo del ricercatore Claudio Concas, autore di Voci dall’Hazaristan pubblicato dalla casa editrice MIMESIS, è il primo libro in lingua italiana. Un lavoro frutto di minuziose ricerche andate avanti due anni, mescolando documentazioni storiche inedite e testimonianze recenti di hazara fuggiti all’estero, Pakistan, India ma pure in Europa, figli di una diaspora che con il ritorno al potere a Kabul degli studenti delle scuole coraniche rischia solo di aumentare. Musulmani sciiti ma non integralisti, le donne non hanno l’obbligo del velo e nella loro società hanno posti di rilievo, sono da sempre vittime di un furore per il loro sterminio che ha molte analogie con quello di ebrei ed armeni. Il primo a guidare eliminazioni di massa su base etnica fu alla fine dell’Ottocento Abdur Rahman Khan, detto l’Emiro di ferro, di etnia pashtun e dunque sunnita. Alla base dello sterminio non solo la religione, ma il controllo delle terre in una zona di pascoli rigogliosi. Si calcola che allora gli hazara fossero il 65% della popolazione dell’Afghanistan. La recensione di Fabio Poletti e un estratto di Voci dall’Hazaristan
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Al Festival internazionale del Cinema di Venezia è stato presentato The Lost Beauty - La bellezza perduta: Siria. Primo di una serie di docufilm prodotto da Reallife Television in collaborazione con la Croce Rossa Italiana e la Syrian Arab Red Crescent. Un viaggio con Raoul Bova, volontario e ambassador della CRI.
⭐️ Gli Asini del Salone dell’editoria sociale
Che fare? Pensiero e azione è il titolo dell'undicesima edizione del Salone dell'editoria sociale. Tra gli ospiti, l'economista e attivista indo-britannico Raj Patel, la sociologa statunitense Saskia Sassen, la scrittrice polacca Margo Rejmer. Dal 14 al 16 ottobre gli spazi di Porta Futuro a Roma torneranno ad ospitare l'iniziativa culturale promossa dall'associazione Gli Asini per parlare di a crisi climatica e l'ecologia politica, l'economia e l'ingiustizia sociale, il reportage narrativo e gli strumenti dell'inchiesta.
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Il fine vita è un tema controverso che sarà al centro della nuova edizione di KUM! Festival, la manifestazione diretta dallo psicoanalista Massimo Recalcati con il coordinamento scientifico del filosofo Federico Leoni, in programma dal 14 al 16 ottobre alla Mole Vanvitelliana di Ancona.
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Il 5 ottobre a Expocasa Torino si parlerà di come design e tecnologia siano una delle grandi opportunità per il futuro, anche, delle imprese.
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Ci risentiamo giovedì prossimo!