Siamo quelli che vengono considerati cittadini di serie B ma abbiamo dovuto superare le crisi di identità prima ancora di capire come funzionasse il mondo. Siamo quelli delle file in questura. Siamo quelli che devono studiare per sé stessi e per le proprie famiglie. Siamo le ambasciate dei nostri Paesi di origine. Siamo quelli che vengono messi da parte perché la società non è consapevole del nostro potenziale. Siamo persone che vivono in mezzo a culture e lingue diverse, perciò la nostra apertura mentale è invidiabile
Questo è il messaggio di Sara Bohkali, studentessa di origine tunisina che nel maggio 2022 ha organizzato la prima edizione del Cultural day, arrivato chiaro e forte agli studenti e professori riuniti nel vivaio della Bicocca lunedì scorso. All’interno del progetto UniI4all, si sono incontrati giovani con background migratorio, stranieri arrivati da tutto il mondo e tutor plus dell’ateneo milanese più attento all’innovazione, all’inclusione e alla diversità per celebrare la Giornata Mondiale della Diversità Culturale, il Dialogo e lo Sviluppo.
C’era anche NRW che ha dialogato con chi vive la forza e il disagio di essere “un’avanguardia” e sente il dovere di essere un esempio per chi resta indietro. Da una parte chi è nato e cresciuto in Italia e dall’altra gli studenti internazionali che frequentano i corsi in inglese e devono fare i conti con uno smarrimento, a cui il lavoro della docente Silvia Mugnano (sociologa del territorio e responsabile di tutti i progetti che riguardano l’inclusione in Bicocca) sta cercando di dare risposta. «Siamo partiti dalle borse di studio per due studenti rifugiati grazie ai corridoi universitari, UNICORE, e poi abbiamo creato i tutor plus che aiutano gli studenti ad orientarsi. Il gruppo di ricerca multidisciplinare ha cercato di censire gli studenti con origini straniere che restano invisibili nelle statistiche perché hanno la cittadinanza italiana», ha spiegato Silvia Mugnano. Tutto è cominciato da un questionario per intercettare chi ha background migratorio per poi arrivare all’analisi delle loro brillanti performance universitarie che servono a indirizzare i tutor plus e a fornire servizi di cui hanno bisogno. Silvia Mugnano vorrebbe anche fare una ricerca nelle scuole superiori per capire cosa li blocchi e perché si perdano per strada (si stima che in Bicocca siano circa mille).
Ossia pensare a come frenare la dispersione degli alunni stranieri che nelle scuole elementari sono il 14%, alle medie scendono al l’11,7% , mentre negli istituti superiori ne restano il 7,8% e solo una nicchia riesce a entrare nelle università
Uno studente turco ha raccontato di sentirsi scisso perché vuole pensare al suo futuro ma vorrebbe tornare nel suo Paese e battersi per la democrazia, mentre una studentessa iraniana ha confidato il suo tormento perché sa che deve protestare contro la repressione del regime e le impiccagioni dei dissidenti ma teme le ripercussioni sui familiari. Numerose studentesse di origini maghrebine hanno spiegato invece di essere consapevoli di essere un ponte per chi resta indietro e Veronica Guidotti, neolaureata responsabile del progetto dei Tutor Plus, ha parlato dell’università come un luogo di scambio e di incubazione della speranza perché fra i tutor ce ne sono già diversi che hanno origini straniere e quindi rappresentano un valore aggiunto per i loro coetanei.
Dopo il confronto hanno ballato, mescolato colori, lingue e aspirazioni con il comune obiettivo di contare di più. Mi pare che, dopo una fase di smarrimento, le nuove generazioni abbiano ricominciato a parlare, senza più indugiare sui conflitti interiori legati alla propria identità, per focalizzarsi sulle loro visioni del futuro. Bene, anzi benissimo. Perciò, al netto di tutte le storture a cui assistiamo, è il caso di dire “Shhh, prendono la parola le nuove generazioni”. Ascoltiamole.
Leggiamo, facciamo cose e vediamo gente
⭐️ I libri di NRW: La guerra invisibile
Siamo in guerra. E non è una frase detta a caso per ricordarci che a poche migliaia di chilometri da qui gli ucraini si stanno difendendo dall’aggressione russa. Noi europei siamo proprio in guerra, da qualche decennio almeno, contro i migranti che – come dice qualche politico, pure nostrano, non a caso – ci «stanno invadendo». Le parole di circostanza, che diventano commosse quando i morti sono davvero troppi, sono appunto parole. Quello che conta è la guerra che abbiamo dichiarato, unilateralmente, contro quella metà del mondo costretta a scappare dalla fame, dalla siccità o dalle bombe. Non a caso qui in Europa, dove gli stati litigano su quale sia il mondo migliore per affrontare questa guerra, si parla più di difesa dei confini che non di accoglienza. Quei confini, seimila chilometri in tutto, tra il Mediterraneo e i Balcani, le due porte d’ingresso in Europa, il reporter Maurizio Pagliassotti se li è fatti tutti. E alla fine ne è uscito un libro, La guerra invisibile, pubblicato da Einaudi, che è appunto un diario di guerra. Ne pubblichiamo un estratto, quello più significativo di questi tempi. Dove si parla dei profughi ucraini che in Europa piacciono più di quelli siriani. Anche se vai a vedere come può finire con questa guerra che doveva durare due mesi e c’era la fila di chi accoglieva i profughi, e che va avanti invece da quindici e c’è già chi di Ucraina e di ucraini, figuriamoci se profughi, non ne può più. Maurizio Pagliassotti, reporter, ha collaborato con diverse testate, tra cui «Diario», «Liberazione», «il manifesto» e «Domani». Nel 2019 ha pubblicato, con Bollati Boringhieri, un reportage dal titolo Ancora dodici chilometri. Migranti in fuga sulla rotta alpina. In questo La guerra invisibile, Maurizio Pagliassotti allarga l’orizzonte: dalla rotta alpina italo-francese al confine turco-iraniano: va così alla scoperta dell’altro fronte di guerra interno, tra Europa e Asia minore: quello contro i migranti. Un fronte di lunga durata, ben più di quello ucraino, ma molto più nascosto o del tutto invisibile. Una guerra vittoriosa perché il nemico, il migrante, alla fine è battuto, ridotto a vivere nascosto e braccato in piccoli gruppi lungo la rotta dei Balcani o in Turchia. Alla fine ne esce un libro per raccontare aspirazioni, astuzie, sconforti e per dare un’idea molto da vicino di cosa sia il cuore oscuro dell’Europa. Un’idea sconosciuta a molti attori del dibattito pubblico e politico, che parlano e twittano sulla base di slogan e luoghi comuni. Il long read scelto e recensito da Fabio Poletti per NRW.
⭐️ Her City: ripensare le città con Un-Habitat
Il progetto di Un-Habitat promosso da Dare.ngo (partner di Nuove Radici) per ridisegnare le città, partendo dalle esigenze di chi ci vive per renderle inclusive e più in sintonia coi mutamenti sociali. Un workshop il 27 maggio con le residenti.
❗️In Finlandia il diritto alla casa è davvero per tutti
La Finlandia sembra riuscire dove tanti altri stati falliscono: se nel resto d’Europa il numero di persone senzatetto è aumentato di oltre il 70 per cento negli ultimi dieci anni, nel Paese nordico la loro quota è calata molto. Per rendere davvero effettivo il diritto alla casa, il programma Housing first prevede che lo stato metta a disposizione un appartamento a chiunque si ritrovi a vivere in strada. Il video su Internazionale.
🎼 Vi lascio con un omaggio a Tina Turner che ci ha lasciato
Ci sentiamo giovedì prossimo, daje. Se nel frattempo volete aiutarci, potete ricordarvi di noi nella vostra dichiarazione dei redditi, grazie! Qui sotto trovate il codice fiscale👇🏽