Qui vivo, qui voto: la campagna degli italiani ancora stranieri alle europee
La newsletter di Cristina Giudici
Ci risiamo. Arriva una nuova tornata elettorale e agli italiani senza cittadinanza non resta che il voto simbolico o l’ennesima protesta per la mancata riforma sulla cittadinanza. A undici giorni dalle elezioni europee e amministrative per più di 3000 comuni (si vota anche alle regionali in Piemonte), continua la campagna Qui Vivo, Qui Voto organizzata dalla rete Dalla Parte Giusta della Storia per ricordare che una parte importante della popolazione residente sarà ancora una volta esclusa dalla partecipazione democratica. L’1/2 giugno sarà possibile esprimere un voto simbolico a Bologna e online per chiedere il diritto alla cittadinanza attiva dei cittadini residenti con background migratorio.
Vi trovate sulla newsletter di NRW dedicata a tutte le diversità del mondo e potete iscrivervi qui senza pagare il biglietto👇🏽
A Bologna ci saranno sei seggi, uno per quartiere, e si potrà votare anche online tramite un QR code. Il link della piattaforma sarà disponibile anche sulla pagina della rete Dalla Parte Giusta della Storia. Inoltre, chi desidera sostenere la causa pur essendo già cittadino italiano potrà farlo rispondendo a un quesito referendario che riguarda l’anacronistica legge sulla cittadinanza.
Le proposte per estendere il diritto di voto appartengono alla storica lotta per la democrazia e il suffragio universale. Crediamo fermamente che tutti i residenti in Italia, al di là del Paese d'origine, dovrebbero avere la possibilità di esprimere il proprio voto e contribuire alla vita pubblica del nostro Paese, ha osservato Jherson Guti dell’Associazione Esperanza
La convenzione di Strasburgo prescrive l’estensione del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni locali per chi risieda legalmente in Europa da almeno 5 anni. Infatti dodici Stati membri dell'Unione Europea hanno esteso il diritto di voto alle elezioni locali anche ai residenti stranieri, riconoscendo l'importanza di una maggiore inclusione e partecipazione democratica. L’Italia non fa parte di questi Paesi, ça va sans dire. La protesta è anche europea: la rete Voting rights for all residents promuove il diritto di voto in tutti i Paesi europei. Se volete approfondire, potete leggere il manifesto della rete Dalla Parte Giusta Della Storia che spiega in modo dettagliato cosa si dovrebbe fare per i cittadini-non cittadini se vivessimo in Paese più attento ai diritti civili e universali.
Sebbene il problema del mancato riconoscimento del diritto di voto e di eleggibilità sia entrato nella sterminata lista delle patologie italiche, voglio sottolineare una novità: la rete di attivisti cresce e aumentano le sinergie con associazioni affini in Europa. E in Parlamento hanno una valida alleata: la deputata Ouidad Bakkali, presidente dell’Intergruppo per la Riforma della Cittadinanza. Nel frattempo ci sono alcuni candidati per cui votare alle urne reali come ad esempio Antonio Mumolo, candidato per il Partito Democratico alle Elezioni europee con lo slogan In Europa con gli ultimi e molti anche alle amministrative.
I candidati che vengono da zone di guerra
A guardare meglio le liste di tutti i partiti, si nota però una presenza rilevante di candidati con origini straniere che provengono da Paesi in guerra: Russia, Ucraina, Palestina. Il Partito democratico candida anche l'attivista italoiraniana Shady Alizadeh. Nella lista di Pace terra dignità ideata dal giornalista Michele Santoro (che difficilmente supererà lo sbarramento del 4 per cento) sono presenti attivisti palestinesi, l’autore russo di Educazione siberiana Nicolai Lilin, la giornalista italospagnola Tiare Gatti Mora. Nell’Alleanza verdi e sinistra (Avs) corrono l'attivista somala Suad Omar Sheikh Esahaq (detta Su) e la docente italogiordana Souzan Fatayer (detta Susan). E nella coalizione Stati Uniti d'Europa, promossa da Matteo Renzi ed Emma Bonino, si trovano sei cittadini con origini diverse, fra cui il professore albanese Muharem Salihu (detto Marco) e l'attivista ucraina Katerina Shmorhay (detta Katya). Nella circoscrizione nordoccidentale ci sarà invece la russa di origini armene Maria Mikaelyan, fondatrice della Comunità dei russi liberi e nota attivista milanese.
Anche Azione opta per un’ucraina, la giornalista Nataliya Kudryk, ma secondo un recente sondaggio Ipsos neanche Azione dovrebbe riuscire a superare lo sbarramento. Lo sforzo massimo di inclusione politica della Lega di Salvini (che nella passata legislatura aveva eletto l’unico senatore di origini nigeriane, Tony Iwobi, salvo poi ordinargli di non rilasciare interviste) a questo giro è stato quello di mettere in lista il consigliere regionale pugliese Joseph Splendido nato a Drancy. Vabbè.
Immagino che starete pensando: “Ma per cosa si candidano?”. Avete ragione perché bisognerebbe parlare anche di contenuti. Purtroppo in Italia oltre a lanciare allarmi sulla deriva populista o, al contrario, a ripetere slogan antieuropeisti, la campagna elettorale è focalizzata su temi nazionali o, se proprio si deve dire qualcosa di europeo, si parla della difesa militare europea. Un tema importante che è legato agli scenari geopolitici, all’offensiva russa ma articolato in modo assai superficiale. Non si parla quasi mai, con l’eccezione dello schieramento Stati Uniti d’Europa, va detto, di come dovrebbe essere il futuro dell’Unione, la transizione ecologica, la necessaria revisione dei trattati, le riforme cruciali che riguardano il sistema decisionale, i poteri limitati del Parlamento europeo, il ruolo della Commissione europea e del progetto di riforma emerso dalla Conferenza sul futuro dell’Europa. Né soprattutto si discute dei principi etici dell’Europa che accendono le piazze extraeuropee come accade in Georgia e ispirano le lotte di tanti attivisti oppressi da regimi totalitari in Medio Oriente. Perché alla fine, la posta in gioco è proprio questa: l’Europa rappresenta, almeno simbolicamente, la democrazia a cui tutti, italiani ancora stranieri compresi, ambiscono a fare parte.
Leggiamo, facciamo cose e vediamo gente
📚I libri di NRW: Blues a Teheran
Fare psicoanalisi a Teheran è un duro lavoro. L’infinita guerra con l’Iraq, la sharia che regola la vita sociale, le sanzioni, la repressione di ogni dissenso imposta dagli ayatollah con il carcere o la forca, sono un insieme di dure prove per qualsiasi cervello. Gohar Homayounpour, psicoanalista di fama internazionale, in questo Blues a Teheran, ci mette tutta la leggerezza possibile, per raccontare il suo Paese dall’altra parte del lettino. Gohar Homayounpour, scrittrice e psicoanalista, è membro della International Psychoanalytic Association e della American Psychoanalytic Association e della Società psicoanalitica italiana. Ha fondato il Freudian Group di Teheran. L’autrice, in questo libro, è al contempo Shahrazad, l’inesauribile narratrice, e la sua analista: attraversa la sua storia e quella dei suoi pazienti tessendo un filo che passa dal dolore per la morte del padre alle vite straziate da lutti e separazioni di chi ha vissuto la guerra da molto vicino. Un filo che, come un blues, passa dal lutto all’amore, dalla morte alla vita, sradicando contemporaneamente tutti gli stereotipi sull’Iran e le donne iraniane. La recensione e l’estratto di Blues a Teheran a cura di Fabio Poletti.
📚 Chiusi dentro
🎙️ Podcast: Di Sana Pianta
In questo podcast, il neurobiologo vegetale e divulgatore Stefano Mancuso ci porta nel mondo delle piante, raccontando aneddoti, studi e storie capaci di cambiare il modo in cui abbiamo sempre guardato al regno vegetale.
Grazie di aver letto la newsletter di NRW dedicata a tutte le diversità del mondo, potete iscrivervi qui senza pagare il biglietto 👇🏽
Sono tempi complicati, non perdiamoci di vista, a martedì prossimo 🕊️