Quanto costa ai contribuenti costruire la fortezza Europa? Un'indagine corale
L'editoriale di Cristina Giudici
Cambiare tutto. L’Europa, l’Italia e l’immigrazione (Laurana editore) è il titolo del saggio curato dall’europarlamentare Pierfrancesco Majorino con contributi di politici, attivisti di ong, esperti e giornalisti per analizzare le politiche disumane in Italia e in Europa perché è urgente riformulare un discorso pubblico sull’immigrazione (oltre a cambiare narrazione). Fra i diversi capitoli del libro, ho scelto di parlarvi di The big wall: un’inchiesta di Action Aid coordinata da Roberto Sensi, Policy Advisor on Global Inequality, su come l’Italia ha tentato di fermare l’immigrazione dall’Africa, usando anche i fondi europei, e quanto ha speso per farlo. «Complice la cosiddetta crisi dei rifugiati del 2015, la migrazione è diventata una priorità dell’agenda politica europea e dei suoi Stati membri», osserva Roberto Sensi, focalizzandosi sulla strategia di esternalizzazione delle frontiere che ha creato la fortezza Europa e, come conseguenza, le immagini strazianti dei morti annegati nel Mediterraneo o nella Manica e quelle dei migranti nei boschi in Bielorussia o in Bosnia inseguiti da lupi o poliziotti croati. Ma quanto costa respingere i migranti?
Action Aid ha provato a quantificare l’ammontare complessivo delle risorse pubbliche italiane e comunitarie: miliardi di euro destinati alla costruzione del grande muro a difesa della fortezza Europa. Nell’arco temporale fra il 2015 e il 2020 sono state prese in considerazione 317 linee di finanziamento e progetti per un totale di 1 miliardo e 337 milioni di euro. Il controllo dei confini rappresenta quasi il 50% della spesa totale. Dei 791,59 milioni di euro, il 59,2% sono risorse stanziate dal nostro Paese, mentre il 40,8% finanziamenti europei gestiti dall’Italia.
«La Libia è stato il principale beneficiario di questa spesa: 210 milioni di euro sono stati stanziati per progetti nel Paese, di cui il 44% destinato al controllo dei confini», scrive Roberto Sensi. Quello che solo gli addetti ai lavori sanno, però, è che il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Maeci, è il principale erogatore di risorse che dal 2017 ha speso 252.347 milioni del Fondo Africa, poi rinominato Fondo Migrazioni, anche per il controllo dei confini e dei rimpatri. Non solo per la cooperazione allo sviluppo, anzi. Per fare un esempio, nel 2017, 2 milioni e mezzo di euro sono stati assegnati al ministero dell’Interno per il sostegno logistico della guardia costiera libica (motovedette e formazione dell’equipaggio).
Un contributo destinato ad aumentare nei prossimi anni, come prevede il Quadro Finanziario Pluriennale Europeo 2021-2027 che per la prima volta ha stabilito un capitolo di spesa dedicato alle migrazioni di 23,6 miliardi di euro, di cui 8,7 saranno ripartiti cosi: 60% per l’integrazione e il 40% per rafforzare i rimpatri.
L’indagine è lunga, complessa e, dati alla mano, molto utile per capire la politica dei respingimenti, esternalizzazione delle frontiere, rimpatri. Spiega bene cosa si cela dietro le immagini intollerabili che vediamo ogni anno con più frequenza dei migranti, obbligati a sprecare le loro vite in attesa di superare un confine. Vi consiglio la lettura di questo saggio e dell’inchiesta di Action Aid per avere gli strumenti necessari a interpretare la retorica europea che, nel giuoco delle parti pirandelliane, non sembra mai trovare un accordo su una politica migratoria comune. La strategia è ben chiara e condivisa, le voci fuori dal coro pochissime.
Nel capitolo 11 dedicato all’indagine The big wall, si afferma: «Ingenti risorse verranno spese nei prossimi anni per fermare migranti. Costi quel costi». Whatever it takes. E per di più con i soldi dei contribuenti, magari preoccupati di pagare tasse per mantenere i migranti. Sveglia, la pandemia non può più essere un alibi per non fare i conti con la realtà cinica e bara sulle politiche migratorie.
Lunedì 13 dicembre, a tre anni dalla nascita del nostro progetto, è stata presentata la collezione inspirata al logo della testata: un ciondolo d’argento realizzato dalla gioielleria etica Uroburo che raffigura un globo aperto senza confini, sottolineando lo storytelling sulle nuove generazioni di italiani con doppie radici e gli intrecci dell’Italia che cambia. Parte dei proventi andrà all’associazione Nuove Radici Aps che sostiene la testata web e organizza workshop per valorizzare la diversity leadership. Si avvicina Natale, se vi piace potete acquistarlo o prenotarlo qui.
Breve rassegna stampa di NRW (con tanta musica)
Gli eroi che nessuno (o quasi) valorizza. Un evento unico di NRW sulla Sanità si è svolto all’Università di Parma, dove medici di diverse origini hanno condiviso esperienze sulla Diversity leadership in Italia, alla luce dell’emergenza sanitaria. Abbiamo montato tutti i video per permettervi di ascoltare gli interventi dei relatori (li trovate anche sul nostro canale YouTube): Diversity leadership nella Sanità: i video per riflettere su cura e cittadinanza. Il vigile rifugiato che non vedrete. Il sindaco non lo vuole, ma il sindacato neppure. Polemiche a Cologno Monzese su un bando comunale. Ma la figuraccia la fa la legge europea. Il commento di Sindbad il Marinaio: Cologno Monzese, un rifugiato come vigile. Il sindaco lo chiede ma non lo vuole. La versione di Adam Clark. La storia tradotta in inglese questa settimana è quella di una cantante italovenezuelana che sta portando una ventata di contaminazione nella musica italiana con il suo nuovo ep Peace of Mind, scritta dalla nostra esperta di talenti musicali di origini diverse Mariarosa Porcelli: Arya Delgado, new music that goes beyond genres (and challenges the algorithm). Libri da leggere. Nella rubrica dei libri di Fabio Poletti trovate un estratto de Il caos da cui veniamo di Tiffany McDaniel, una storia di formazione nell’America rurale degli anni 50. Le stelle sono tante... Il fratello cestista lo ha incoraggiato a seguire la sua passione musicale e lui ha scoperto che sotto i riflettori ci sta benissimo. E ora punta a starci da solista. Di Mariarosa Porcelli: Samir Abass: su Canale 5 è nata una stella (ed è fratello di un campione). Africa Rivista. Musica anche dalla rivista del continente vero, nostro media partner. Da Fela Kuti a Burna boy, ecco la musica che attira gli italiani oltre i cliché sull’Africa e che fa da ponte per gli afrodiscendenti verso le loro origini: In Italia “fare esperienza di Africa” è possibile grazie alla musica. L’editoriale: Tregua dalle cupezze alla Macbeth. Zaki è libero e NRW festeggia 3 anni di vita. Podcast Radici. Dopo il racconto sulle donne afghane salvate, l’undicesima puntata è focalizzata sugli influencer che danno un senso diverso alla loro visibilità. Mettete le cuffie e rischiate di divertivi senza dimenticare l’inclusione e la diversity: Influencer. I nuovi eroi dell’inclusione?