La guerra in Medio Oriente e la generazione ponte in Europa che deve ancora crescere
La newsletter di Cristina Giudici
La guerra che infiamma la Palestina, Israele e di conseguenza tutto il Medio Oriente ci lascia inorriditi davanti ai crimini di guerra commessi contro i civili. Tutto accade così velocemente che ogni strage ci porta a dimenticare quella precedente. Le ferite sono ormai così profonde che ci vorranno diverse generazioni per curarle. Ammesso che ci si riesca. Nessuno sembra in grado di stabilire chi abbia lanciato il razzo contro l’ospedale a Gaza City, ma nel frattempo ci sono centinaia di morti, di persone private di tutto - acqua, cibo ed elettricità, una via di fuga - che interrogano le nostre coscienze sul dialogo e sulla pace che nessuno è mai riuscito a costruire. La Striscia di Gaza è una prigione a cielo aperto? Sì. Il terrorismo di Hamas che ha ucciso, torturato e rapito civili (non solo israeliani) è da condannare senza se e senza ma? Sì.
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E cosa possiamo fare in Europa, dove è scattata l’allerta terrorismo? L’immagine più simbolica per me è lo stadio rimasto vuoto, dopo la sospensione della partita Belgio-Svezia in seguito all’attentato avvenuto a Bruxelles. La capitale del Governo europeo è tornata ad essere il teatro di un attacco ancora una volta in nome dell'Isis. Abdesalem Lassoued, 45enne di origine tunisina, l'uomo che ha ammazzato a colpi di kalashnikov due cittadini svedesi arrivati in Belgio per vedere la propria nazionale, è stato fermato e ucciso, ma le sue tracce lasciate nei luoghi di passaggio e soprattutto di detenzione di migranti meriterebbero una profonda riflessione perché si tratta di “non luoghi” che privano i migranti detenuti di ogni diritto, di ogni umanità. E creano rabbia, rancore, odio e anche radicalizzazione.
Ma quello che mi preme sottolineare oggi è che non basta invocare il dialogo e la pace o chiedere di tornare all’ipotesi “Due popoli, due stati”. Quello che mi preme rimarcare è che deve ancora crescere una generazione ponte che si metta in mezzo fra i due opposti estremismi, che vada in piazza ad urlare che la Palestina non è Hamas e Israele non è il suo Governo. Manca chi sappia guardare al dopo, a quel dopo che non è mai stato costruito. Per questo motivo al Festival sull’Europa solidale del Mediterraneo organizzato dall’associazione Generazione Ponte, ho apprezzato molto il coraggio della deputata Ouidad Bakkali che ha lanciato un monito per non lasciare i piedi solo i piloni del ponte.
Non devo farmelo dire da nessuno cosa accade e cosa è accaduto in Palestina per decenni, mi ha detto, ma se vogliamo immaginare un futuro dobbiamo avere il coraggio di affermare che Hamas non rappresenta la popolazione palestinese. E pensare come creare una diversa leadership per creare il dialogo e la pace
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Purtroppo sono pochi i giovani di seconda generazione con origini arabe che hanno preso posizioni riflessive, condannando gli estremismi opposti, perché, come ha sostenuto la parlamentare Ouidad Bakkali, il pensiero si è polarizzato ulteriormente e manca una capacità di lettura critica della complessità. Eppure sono loro, che vanno in piazza a chiedere giustamente libertà e giustizia per i palestinesi, che possono costruire un ponte per riannodare un dialogo anche in Europa, dove tutte le intelligence si aspettano una nuova stagione di terrore islamista. E lo ha ricordato Ouidad Bakkali che durante l’intervista mi ha detto senza paura di essere smentita:
In questa fase storica, noi che rappresentiamo le seconde generazioni dobbiamo essere un ponte per collegare l’Italia, l’Europa e i nostri Paesi di origine, ma anche alimentare un pensiero attento sia ai diritti dei palestinesi sia a quelli degli israeliani. Altrimenti non arriveremo da nessuna parte. E se fra i due piloni non esiste nulla, il ponte lo dobbiamo costruire noi con le nostre storie, con il nostro coraggio
Parlando con lei, mi è venuta un’idea: perché non cerchiamo di aggregare tutte le persone che rifiutano la polarizzazione, l’odio, la guerra per lanciare una grande iniziativa per il dialogo? Non sarà facile, se non addirittura impossibile finché saranno le armi a parlare, finché si continueranno a uccidere bambini e civili, ma ci dobbiamo provare perché al netto delle tante parole di circostanza, la generazione ponte che sappia farlo deve ancora crescere. E lo dico con profonda amarezza. E invece bisogna lavorare per la pace, il dialogo. E bisogna farlo ora. Dobbiamo chiedere di fermare la guerra nella Striscia di Gaza, la liberazione degli ostaggi israeliani, ma anche iniziare subito a creare un ponte in Europa. E soprattutto dobbiamo isolare chi inneggia alla violenza in nome della propria religione che viene distorta. Perché se è vero che non ci può essere pace senza giustizia, è anche vero che non ci può essere giustizia senza pace.
Leggiamo, facciamo cose e vediamo gente
📚 I libri di NRW: Questo mondo non è più bianco
James Baldwin è uno dei pilastri della letteratura afroamericana e uno dei protagonisti delle battaglie per i diritti civili dell’ultimo secolo, che siano quelle per l’uguaglianza o per i diritti degli omosessuali. La sua penna, in venti romanzi, saggi, opere teatrali o semplici taccuini di osservazioni sociali, ha cambiato la prospettiva degli afroamericani come pochi. Il suo lavoro può essere accomunato a quello di Richard Wright, al sofisticato sarcasmo di Ralph Ellison, fino alla protesta in stile manifesto di Amiri Baraka. Questo mondo non è più bianco è una raccolta di saggi che James Baldwin pubblicò nel 1955 col titolo Notes of a native son e che oggi Bompiani riporta in libreria nella traduzione di Vincenzo Mantovani. Il libro si divide in tre parti e affronta vari aspetti della vita dello scrittore e della comunità nera americana. Si spazia dai libri o film considerati classici, La capanna dello zio Tom o Carmen Jones, si arriva ad Harlem alla vigilia delle proteste e si segue Baldwin nella sua esperienza a Parigi e in Svizzera. Nato nel quartiere povero di Harlem a New York nel 1924, James Baldwin lottò tutta la sua vita contro il razzismo e le discriminazioni di cui le comunità nere e omosessuali erano oggetto negli Stati Uniti. Rifiutando la violenza, divenne una delle figure emblematiche del Movimento dei Diritti Civili al fianco di Martin Luther King. Baldwin proseguì la sua lotta da Parigi dopo la guerra e poi da Saint-Paul de Vence, in Provenza, dove si stabilì nel 1970 insieme al suo compagno, in una casa che divenne a sua volta un centro culturale, ospitando la scrittrice Marguerite Yourcenar che tradusse una sua opera teatrale, gli attori Simone Signoret e Yves Montand e musicisti come Ray Charles, per il quale James Baldwin scrisse pure una canzone, e Miles Davis e Nina Simone. I saggi di James Baldwin sulla vita ad Harlem, sulla letteratura di protesta, sul cinema, sugli afroamericani all’estero hanno oggi la stessa forza di quando vennero scritti durante gli anni Quaranta e i primi anni Cinquanta, quando James Baldwin aveva più o meno vent’anni. Dopo che I am not your negro, documentario di Raoul Peck candidato agli Oscar 2017 e ispirato a un manoscritto incompleto dello scrittore, ha riportato l’attenzione su James Baldwin, Questo mondo non è più bianco serve da preziosa introduzione alla sua vita e alla sua opera. La recensione e l’estratto scelto da Fabio Poletti per NRW.
⚔️ I pensieri di chi vuole la guerra santa
A Milano sono stati arrestati due cittadini di origini egiziane che erano inseriti in una rete virtuale internazionale, in Europa e in Medio Oriente, dedita al proselitismo per l’Isis. Se volete sapere qual è il loro pensiero, leggete questa sintesi dell’indagine.
🕊️ Capire il conflitto in Medio Oriente
Vi consiglio di leggere questo lungo articolo scritto da Laura Silvia Battaglia, una delle ultime giornaliste ad essere entrata nella Striscia di Gaza ed esperta di Medio Oriente.
🆘 Arrivano (forse) gli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza
Nei prossimi giorni dovrebbero finalmente entrare 20 container con aiuti umanitari dall’Egitto. L’articolo della BBC.
💔🖤 In ricordo di Taha
Ieri ci ha lasciato Taha al-Jalal dopo una lunga battaglia contro un tumore. Vogliamo ricordarlo quando era sano, vivace e innamorato. Con un articolo che racconta in modo ironico e leggiadro la sua vita milanese e di come è arrivato a Masterchef in una puntata dedicata agli chef rifugiati. Che riposi in pace.
A giovedì prossimo, non perdiamo la speranza 🕊️
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