Il mese della prevenzione della violenza e dei matrimoni forzati. Alzate la voce
La newsletter di Cristina Giudici
Qualche settimana fa un’amica, insegnante, mi ha chiesto suggerimenti su come aiutare una ragazza che si è confidata a scuola perché era stata minacciata dal padre che voleva costringerla a un matrimonio forzato. La preside ha preso subito provvedimenti per aiutarla. Lei è un’adolescente, figlia di una coppia bangladese, come lo era Mithila Akter, che si è gettata dal balcone di casa ed è morta per un trauma cranico, come stabilito dall’autopsia effettuata il 3 novembre scorso. Il padre è indagato, dopo che la Procura di Ancona ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio. Pare che fosse turbata da una visita ginecologica. Mithila non ha lasciato alcun biglietto né tracce sui social ma a convincere il pubblico ministero che indaga sulla morte di una ragazza cresciuta in Italia è stata un'assistente sociale che ha rivelato: «Era preoccupatissima perché i genitori la volevano portare in Bangladesh per tre mesi. Aveva paura di non terminare l'anno scolastico». Ora che si avvicina la giornata internazionale contro la violenza sulle donne e bisogna fare i conti con il numero record dei femminicidi - 100 nel 2023 - mi chiedo come mai ci siano poche associazioni delle nuove generazioni di italiani e italiane a occuparsi del fenomeno sommerso dei matrimoni forzati su cui ci sono pochi dati e indagini datate da parte delle istituzioni. E infatti, ad alzare la voce sull’aumento delle violenze è stata ancora una volta solo Ebla Ahmed, italo-anglo-yemenita, presidente dell’associazione interculturale Senza veli sulla lingua: la prima a denunciare che Saman Abbas avrebbe potuto essere salvata. Impegnata nella formazione e prevenzione della violenza anche nelle scuole, ha partecipato al tavolo tecnico della commissione Giustizia della Camera per rafforzare il Codice Rosso che spesso non funziona: «In teoria, la donna che denuncia deve essere ascoltata dal magistrato entro tre giorni, ma talvolta passa anche un anno e nel frattempo non scattano le misure cautelari per proteggerla. Ora, sempre in teoria, può essere ascoltata anche dal questore».
Iscriviti alla newsletter che è gratuita 👇🏽
Ci vogliono più informazione e formazione, educazione sentimentale nelle scuole per prevenire i matrimoni forzati: le denunce aumentano mentre diminuisce l’età delle ragazze che spesso hanno 14-15 anni. E non sono solo pakistane o bangladesi, ma anche indiane, albanesi e marocchine. Bisogna perciò allargare la rete di protezione per evitare nuovi fallimenti educativi nelle famiglie, nelle scuole, nella società
La maggior parte delle donne che si rivolgono agli sportelli “imboscati” dell’associazione Senza veli sulla lingua per evitare che si sappia che le donne o le minorenni hanno chiesto aiuto, sono italiane ma sono sempre più numerose le ragazze di seconda generazione. «A differenza delle italiane che talvolta tornano dal compagno o marito violento, le vittime con background migratorio, quando voltano le spalle alla famiglia e alla propria comunità, arrivano fino in fondo ma solo se sono seguite e sostenute da un valido supporto psicologico. Ci è voluta anche la legge Saman per includere il matrimonio forzato, già vietato dal Codice Rosso, nell’elenco dei reati che prevedono il rilascio del permesso di soggiorno alle vittime di violenza domestica. L’abbiamo voluta perché questa norma avrebbe salvato Saman Abbas», osserva Ebla Ahmed, convinta che le leggi non bastino, senza prevenzione e formazione.
La formazione e la prevenzione devono essere fatte ovunque. Nelle scuole, fra gli addetti ai lavori e nei luoghi di culto. Anche nei templi induisti e nelle moschee, spiega Ebla Ahmed, dove si devono preparare le guide religiose a individuare le violenze, le segregazioni e le istigazioni ai matrimoni forzati. Formazione, formazione e ancora formazione perché «dove c’è cultura, c’è più libertà e meno violenza», conclude la presidente dell’associazione Senza veli sulla lingua che il 17 novembre ha organizzato una giornata di studio sul Codice Rosso.
Sebbene fra le nuove generazioni cresca la consapevolezza della necessità di intervenire per evitare che altre adolescenti, come Mithila, si gettino nel vuoto, ci sarebbe bisogno di altre associazioni, altre donne che alzino la voce per prevenire le violenze e i matrimoni forzati. E invece c’è ancora un velo di silenzio che si deve sollevare per favorire l’emancipazione delle adolescenti prigioniere della loro famiglia e del proprio terrore.
Leggiamo, facciamo cose e vediamo gente
📚 I libri di NRW: I Giusti e lo sport
Sport non vuol dire disimpegno. Nè solo record, fama e sponsor milionari. Almeno non sempre come mostra questo libro collettivo curato dal giornalista Gino Cervi, I Giusti e lo sport, con la premessa dello storico e scrittore Gabriele Nissim, fondatore e presidente della Fondazione Gariwo, pubblicato dalla Libreria Editrice Cafoscarina nella collana Campolibero della Fondazione Gariwo. «Molte delle vicende raccontate in questo libro sono state, e ancora sono, spesso dimenticate perché, con i loro comportamenti, queste sportive e sportivi hanno infranto il dogma che lo sport debba essere un mondo che basta a se stesso e chi ci si dedica debba dimenticarsi di quello che succede intorno a lui. Il fastidio per chi non ha pensato solo a gareggiare è ancora oggi, purtroppo, così grande da rimuovere anche i valori assoluti delle gesta sportive che queste atlete e questi atleti hanno rappresentato». Al racconto hanno lavorato in tanti: Giulia Arturi è stata cestista della Nazionale di basket, Giovanni A. Cerutti è uno storico e saggista, Gino Cervi è giornalista e scrittore autore di molti libri sullo sport, Joshua Evangelista è giornalista e responsabile della comunicazione della Fondazione Gariwo, la giornalista e scrittrice Cristina Giudici collabora con la Fondazione Gariwo ed è la fondatrice e direttrice di NRW, Gianni Mura è stato uno storico inviato de La Repubblica, il giornalista Fabio Poletti collabora con NRW e con la Fondazione Gariwo, Alberto Toscano, giornalista, saggista, politologo è l’attuale presidente del Club de la presse européenne di Parigi. A loro si deve il racconto di sportivi a volte colpevolmente dimenticati, come Bruno Neri il calciatore che fece la Resistenza, Albert Richter il ciclista che si schierò contro il razzismo o Matthias Sindeler che venne ucciso dai nazisti per essersi opposto all’invasione dell’Austria. Nel libro ci sono pure le storie del calciatore dell’Inter Árpád Weisz che finì ad Auschwitz perché ebreo come Ernest Erbstein, un altro calciatore discriminato in Italia, rinchiuso in un campo in Ungheria e morto poi nella tragedia di Superga quando era allenatore del Torino. Altri frammenti di storia perduta nel racconto di Gianni Mura su Peter Norman, l’australiano medaglia d’argento nei 200 metri di atletica del 1968 in Messico, cancellato da ogni competizione per essersi schierato sul podio a fianco di Tommie Smith e John Carlos che alzarono i pugni guantati di nero contro ogni pregiudizio e discriminazione. O le storie del maratoneta cecoslovacco Emil Zapotek e sua moglie che si schierarono con Dubček contro i carri armati a Praga, della free climber iraniana Nasim Eshqi che scala le montagne a mani nude e non ha mai voluto mettere il velo o di Khalida Popal, calciatrice della nazionale afghana, che nel 2021 è scappata dai talebani in Occidente, portando con sé tutte le altri giocatrici con le loro famiglie. Il libro verrà presentato a BookCity Milano giovedì 16 novembre 2023, ore 18.30, al Centro Internazionale di Brera, Via Marco Formentini 10, Milano. L’estratto scelto da NRW: Un bianco tra due guanti neri. Storia di Peter Norman sul podio di Città del Messico 1968 scritto da Gianni Mura.
⚠️ Alto rischio: i decreti d’urgenza accerchiano i migranti (che potrebbero finire in Albania)
Con il fallimento dell’accordo con la Tunisia e micro-risultati a livello europeo, la premier ci prova con l’Albania. Giorgia Meloni e il suo omologo Edi Rama hanno sottoscritto a Palazzo Chigi un protocollo d’intesa che prevede – tra le altre cose – anche la la realizzazione di due centri per il rimpatrio che potranno ospitare fino a 3mila migranti irregolari. Nel frattempo, frastornati dai continui attacchi al complesso di norme che riguardano l’immigrazione, operatori legali e società civile ma soprattutto cittadine straniere e cittadini stranieri si sentono accerchiati da un perimetro che si stringe sempre di più, cancella diritti fondamentali e limita le facoltà di scelta. L’analisi della nostra consulente legale Irene Pavlidi.
🤌🏽 Il testo del protocollo d’intesa tra Italia e Albania sui centri per migranti
Martedì sera la presidenza del Consiglio ha diffuso una copia del protocollo d’intesa firmato da Meloni e dal primo ministro albanese, Edi Rama, per l’apertura in Albania di due centri italiani per la gestione dei migranti. Il protocollo è composto da nove pagine, per un totale di 14 articoli, e chiarisce alcuni dettagli che negli ultimi giorni erano rimasti piuttosto confusi, per esempio su come funzioneranno i centri, chi dovrà finanziarli (l’Italia) e chi si occuperà di garantire la sicurezza. Lo spiegone del Post e tutte le cose che non tornano.
🎥 🎥 Unwanted-Ostaggi del mare
La serie Sky Unwanted-Ostaggi del mare è ispirata a Bilal, il libro di Fabrizio Gatti sul suo viaggio fra i migranti sulle rotte fra Africa ed Europa.
Al prossimo giovedì, non perdiamoci di vista
Iscriviti alla newsletter che è gratuita 👇🏽