Ogni sera, per mettere una distanza di sicurezza con il mondo che ci trascina nel vortice delle disgrazie e della permaemergenza che mi fa scoppiare il cuore, leggo una poesia di Wislawa Szymborska perché la sua prosa mi riassesta. Tengo sempre la sua antologia sul comodino. Questa settimana vorrei condividere con voi alcune strofe di Ogni caso. Inizia così
Poteva accadere.
Doveva accadere.
È accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
E’accaduto non a te.
Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Mi è capitata per caso sotto gli occhi mentre riflettevo sul significato di essere casualmente dei sopravvissuti. Non è stata scritta (ovviamente) per i 72 naufraghi che potevano e dovevano essere salvati e ‘sti cazzi se oggi verrà fatto il Cdm (Consiglio dei ministri) a Cutro per annunciare misure che non serviranno a nulla, anzi, peggioreranno la situazione perché manca una regia per i soccorsi e il sistema di accoglienza, già fallace, è stato disarticolato progressivamente. E se il Governo pensa che introdurre il reato di strage per gli scafisti possa servire a qualcosa, mostra una colpevole ignoranza sull’inefficacia della deterrenza della pena. E se pensa che il decreto flussi possa incoraggiare l’immigrazione legale, pecca di ipocrisia perché gli addetti ai lavori lo sanno che funzionano (male), come ha scritto più volte Irene Pavlidi, consulente legale, esperta immigrazionista, su NRW. E se vi siete soffermati sulle storie delle vittime del naufragio di fronte alla spiaggia di Cutro, è chiaro anche a chi non conosce la materia che quei profughi avrebbero dovuto essere su un aereo perché in maggioranza fuggiti dai talebani: fra loro c’era anche Shahida Raza la capitana della Nazionale di hockey del Pakistan di etnia hazara, la minoranza etnica perseguitata dai talebani. E invece sono stati costretti a prendere una barca. Ora la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato mezzo miliardo di euro per i corridoi umanitari. E speriamo non sia una sparata perché fino ad oggi sono solo poche migliaia i profughi arrivati in Europa tramite i corridoi umanitari (gli ultimi, in Italia, due giorni fa, erano 11 e hanno dovuto aspettare 5 anni).
Quasi dieci anni fa a Lampedusa, il 3 ottobre del 2013, sono morte 368 persone, a mezzo miglio dalle coste. I superstiti che avevano qualcosa da dire sulla mancanza dei soccorsi non sono stati mai ascoltati in procura e ora vivono quasi tutti in Svezia. Seguite, se potete, se vi va, la lettura teatrale di Vito Fiorino, pescatore per passione, che ne ha salvati 47 e ha ottenuto l’onorificenza di Giusto. Ma in mare, in quella che è la dimensione più bella del pianeta, accadono cose inenarrabili. Una, che è come un fulmine a ciel sereno, me la ricordo perché l’ho scritta nel libro Mare Monstrum, Mare Nostrum e ho risentito pochi giorni fa la donna sopravvissuta alla nave dei folli. Voglio raccontarvi la sua testimonianza, anche se in estrema sintesi.
Era l’11 settembre del 2008, quando la Guardia costiera intercetta un gommone a sud dell’Isola delle Correnti. Sono le nove di mattina, quando arriva a Portopalo di Capo Passero. È stipato di africani, in maggioranza nigeriani. Le donne hanno la pelle rossa, bruciata dal sole, mentre i corpi degli uomini sono rattrappiti, sembrano quasi troppo bassi per essere nigeriani. Sono partiti in 70 ma, quando sono stati soccorsi, erano 59. Fra loro c’era Happy che vive in Sicilia e oggi racconta degli incubi che continua ad avere per la traversata durata tre giorni prima di essere salvata.
Il gommone su cui mi ero imbarcata si è trasformato in una nave di folli, dopo aver smarrito la rotta. I miei compagni di viaggio, vedendo che cibo e acqua erano quasi finiti, hanno perso il senno. Un gruppo più violento ha cominciato a prevaricare sull’altro. Arrivando a gettare le persone più deboli in acqua. Con noi c’era anche Josephine: dopo essere stata buttata in acqua, è riuscita a risalire e si è legata alle taniche di benzina, per salvarsi. La fame, la sete e la paura avevano fatto impazzire tutti. Poco prima di essere soccorsi, una giovane che aveva perso ogni speranza si è tuffata ed è scomparsa fra le onde. Si è suicidata, un’ora prima di essere soccorsa!
La poesia di Wislawa Szymborska Ogni Caso si conclude così
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.
In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.
Dunque ci sei? Dritto dall’animo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì? Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore.
Sono passati dieci anni fra la strage di Lampedusa e quella di Crotone, ma allora si avviò la missione Mare Nostrum, ora si fa il Cdm a Cutro. ‘Sti cazzi.
La mia reading list
⭐️ I libri di NRW: La casa dei notabili
Ogni sguardo è diverso, si sa. Così come la memoria di ognuno di noi, si rafforza nei momenti topici e si affievolisce col passare degli anni. Ma questo La casa dei notabili, di Amira Ghenim, pubblicato dalle Edizioni e/o, non è (solo) un libro sulla memoria. È il racconto della Tunisia che si dipana dagli Anni Trenta ai giorni nostri, mettendo insieme l’evoluzione sociale e quella dei costumi, la narrazione a posteriore dei protagonisti, con il loro carico di valori e perché no di memoria. Alla fine ne esce un libro quasi magico, come magica è la penna di Amira Ghenim, nata nel 1978 in Tunisia, scrittrice e professoressa di Linguistica e Traduzione presso l’Università di Tunisi. Dopo numerosi saggi di stampo accademico, nel 2019 ha pubblicato il romanzo al-Malaff al-Asfar, che l’anno dopo ha vinto il premio Sheikh Rashid bin Hamad. Nel 2020 ha pubblicato il romanzo La casa dei notabili, che è entrato nella rosa dei sei finalisti dell’International Prize for Arabic Fiction e ha ricevuto il premio speciale della giuria del Comar d’Or, il più prestigioso premio tunisino. Sullo sfondo di un paese in fermento, alla ricerca della propria identità, in questo romanzo si intrecciano le vite e i destini dei membri di due importanti famiglie dell’alta borghesia di Tunisi: la famiglia en-Neifer, dalla rigida mentalità conservatrice e patriarcale, e la famiglia ar-Rassa‛, liberale e progressista. Il nucleo attorno al quale ruotano le vicende narrate nel romanzo è una terribile notte di dicembre del 1935, quando la vita in casa en-Neifer è stata sconvolta da un evento che ha condannato per sempre all’infelicità Zubaida ar-Rassa‛, la giovane moglie di Mohsen en-Neifer, sospettata di aver avuto una storia d’amore clandestina con Taher al-Haddad, intellettuale di umili origini noto per il suo attivismo in ambito sindacale e in favore dei diritti delle donne. Le vicende di quella notte vengono raccontate in prima persona da undici diversi narratori, membri delle due famiglie, in momenti storici diversi (dagli anni Quaranta ai nostri giorni), in un intreccio di segreti, ricordi, accuse, rimpianti ed emozioni. Il long read scelto e recensito da Fabio Poletti.
⭐️ Iran: Be my voice
Ieri sera al teatro Parenti, dove l’associazione Maanà di donne iraniane diretta da Rayhane Tabrizi ha organizzato una serata per la giornata internazionale delle donne dedicata alla rivolta in Iran, mi è scoppiato il cuore. E non solo a me. La visione del documentario Be my voice che racconta la folle vita della dissidente Masih Alinejad e mostra dall’interno tutte le storie delle donne che il regime da 44 anni ha trasformato in nemiche, bersagli mobili, carne da macello, ha avuto un impatto sconvolgente. Nella Sala Grande del teatro, affollatissima, è calato un silenzio di quelli che si ricordano. L’unico rumore che si poteva ascoltare erano i singhiozzi degli esuli iraniani che si abbracciavano, tenendosi stretti. Stasera ne riparliamo in una serata organizzata da The Mill e da Nuove Radici.
⭐️ In fondo al corridoio (umanitario)
Come funziona l’accoglienza dei corridoi umanitari? Una lettura forse più che necessaria, ora.
⭐️ Cosa succede ai 20mila minori stranieri presenti in Italia?
Un report della direzione immigrazione del ministero del Lavoro (che lavora benissimo, al contrario del Viminale) che spiega chi, cosa, quando e come di un fenomeno poco conosciuto.
⭐️ La vergogna di via Cagni
In questa newsletter volutamente dedicata alla vexato quaestio delle migrazioni, vi segnaliamo anche cosa sta accadendo davanti e nei dintorni della Caserma di via Cagni, dove ogni weekend si respingono con violenza centinaia di richiedenti asilo. Oggi ci sarà una manifestazione (a cui Nuove Radici ha aderito) promossa dal Naga che ha chiesto l’intervento dell’Unhcr.
Spero non l’abbiate trovata troppo “pesa”. A giovedì prossimo!