Giornalisti del Mediterraneo e Ucraina: il dilemma della buona informazione
La Newsletter di Cristina Giudici
Ci proviamo di nuovo: il dilemma della buona informazione a Otranto. Nella tredicesima edizione del Festival dei Giornalisti del Mediterraneo si torna al format originale dei primi anni. Analisi e tanti racconti di una vasta rete di giornalisti e inviati di guerra. Negli scorsi anni la kermesse sul Mediterraneo è stata anche un' occasione per fare sperimentazioni, incrociare temi diversi e tuffarsi nelle contaminazioni interdisciplinari. L'aggressione russa all'Ucraina impone l'urgenza di guardare al drastico cambiamento geopolitico e ci ha messo di fronte alle difficoltà di offrire, a proprio rischio e pericolo, un'informazione di qualità. Una sfida titanica perché tutti i cronisti hanno dovuto imparare a destreggiarsi sul campo, condizionati dalla propaganda su entrambi i fronti di guerra e talvolta impotenti perché spesso non è stato possibile verificare il flusso delle informazioni o accedere a fonti indipendenti.
E ancora: il conflitto in Ucraina è stato quello più raccontato sui e dai social media con tante, troppe fake news. E quindi il nodo insoluto della buona informazione è diventato ancora di più dirimente. Perciò i workshop che si terranno a Otranto saranno focalizzati sul racconto della guerra con alcune delle le migliori firme del giornalismo italiano, soprattutto televisivo
L'aggressione russa impone inoltre anche la rivalutazione della geopolitica, tornata ad avere un ruolo centrale per spiegare le numerose e complesse ripercussioni dello scontro fra la Russia di Putin e l'occidente. A discapito della libertà di autodeterminazione dei popoli di cui parlò proprio Mikhail Gorbachev, padre della Perestroika alle Nazioni Unite, un anno prima della caduta del muro di Berlino. E ovviamente cito Mikhail Gorbachev per la sua dipartita a 91 anni ma soprattutto perché l’ultimo leader dell’Unione Sovietica è stata una figura chiave nel tentativo di una politica distensiva verso l'occidente.
Nel 1988 alle Nazioni Unite Mikhail Gorbachev disse: le differenze possono avvicinare, la forza e la minaccia non possono essere strumenti per la politica estera. Negare il diritto del popoli è negare un diritto universale
Il programma del Festival dei Giornalisti del Mediterraneo
Si inizia il 7 settembre con un dibattito alle 20,30 a Largo Porta Alfonsina sulla crisi energetica e nuovi scenari geopolitici, moderato da Patrizio Nissirio dell'Ansa, a cui parteciperanno rappresentanti pugliesi della Confindustria. Si prosegue il giorno dopo con una riflessione sulla guerra raccontata dai social con inviati, esperti di politica estera e cronisti, fra cui Angelo Macchiavello inviato Mediaset al confine della Polonia e poi in Ucraina, Zouhir Louassini di Rai News 24 e io che ho realizzato un podcast sull'esodo dei profughi. Si proverà anche a dare una risposta a un tragico interrogativo durante la serata del 9 settembre: Quale mondo dopo la guerra? Durante Il festival si parlerà anche di turismo sostenibile e della tutela dei minori legata al trauma della guerra con Marianna Balfour del Sovrano Ordine di Malta, Pietro del Re, inviato de La Repubblica, Paolo di Giannantonio del Tg1 e la piscoterapeuta Tiziana Micello: l'incontro Tutela dei monori, il diritto di vivere sarà moderato da Francesca Ambrosini del TGCom24. Il Festival dei Giornalisti del Mediterraneo ((qui potete trovare il programma completo) ) si concluderà con il premio Caravella. Fra i tanti ad essere premiati, quest'anno ci saranno Paolo Ruffini, Prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede. Giuseppe Brindisi, conduttore di Zona Bianca (Rete4). Gabriella Simoni, inviata di guerra (Tg5). Stefania Battistini, inviata di guerra (Tg1). Renato Piccoli, TgR Puglia. David Puente, vicedirettore di Open. Morale: a Otranto ci proviamo di nuovo a parlare dell'informazione di qualità. Una sfida che dobbiamo vincere senza se e senza ma.
La mia reading list
⭐️ La globalizzazione è finita ?
«La guerra in Ucraina ferma definitivamente la globalizzazione. Già messa in discussione soprattutto in Occidente per i suoi effetti negativi sul mercato del lavoro globale e sulla distribuzione delle produzioni e delle filiere mondiali, la globalizzazione non può sopravvivere in un contesto in cui a parlare sono le armi. Si è sempre detto che la guerra fa male ai commerci ma in questo caso li interrompe brutalmente, com’è accaduto alla nuova via della seta realizzata dalla Cina, almeno per la sua parte terrestre che attraversa l’Europa. Intere filiere produttive vedono minacciata la propria esistenza per il brusco aumento dei costi dell’energia e il collasso del sistema dei trasporti in tutti i settori. L’inflazione mondiale alla fine del primo semestre 2022 non è mai stata così alta dall’inizio egli anni Novanta e tutte le previsioni di crescita post-pandemia sono riviste al ribasso. Si calcola che le sanzioni imposte alla Russia per aver aggredito l’Ucraina avranno conseguenze durature riducendo ulteriormente le possibilità della ripresa globale».
Inizia così il suggestivo saggio di Mario Giro sul necessario ripensamento del mercato globale. Una lettura che vi consiglio per capire come sarà il mondo dopo la pandemia e la guerra che hanno ulteriormente accorciato le filiere produttive.
Certo non tutti i Paesi saranno ugualmente penalizzati: alcuni si gioveranno dell’accorciarsi delle catene del valore. Il movimento generale tende verso una sorta di reshoring, cioè di ritorno a casa delle produzioni che erano state appaltate all’estero grazie ai costi minori della manodopera o delle materie prime. Dalle mascherine ai semiconduttori per i dispositivi elettronici, molti Paesi stanno tentando di rimettersi a produrre in proprio ciò che avevano delegato altrove
⭐️Afghani in fuga respinti alla frontiera di Iran e Turchia a colpi di arma da fuoco.
Un rapporto di Amnesty International denuncia violenze al confine con l’Iran, dove le forze di sicurezza locali hanno sparato alle persone che cercavano di superare le frontiere n Iran, mentre in Turchia vengono regolarmente arrestati e sottoposti a maltrattamenti e torture prima di essere rimpatriati illegalmente e con la forza.
⭐️ I libri di NRW: Compton Cowboys
Non c’erano solo i visi pallidi. L’epopea del Far West raccontata al cinema ci ha rimandato un’immagine spesso sbagliata degli abitanti delle sconfinate praterie americane. Da una parte i buoni, i cowboys bianchi supportati dalle giacche azzurre, i militari altrettanto bianchi. Dall’altra gli «indiani», i pellerossa cattivi capaci solo a tagliare scalpi e bere acqua di fuoco. La storia, con i massacri e le infamie delle riserve dove rinchiudere i redskin come nei lager, ci ha insegnato molto altro. Walter Thompson-Hernández, autore di questo Compton Cowboys pubblicato da Harper Collins, ci racconta la storia moderna e le origini dei cowboys afroamericani che ancora oggi cavalcano nei prati e sui cigli delle strade di Compton, uno dei tanti sobborghi di Los Angeles, non distante dal ghetto di Watts dove negli Anni Sessanta scoppiarono violenti riots per il riconoscimento dei diritti civili dei neri. Quelli di oggi sono i cowboys della redenzione sociale che con un cavallo e una sella, tengono lontani dai guai i ragazzini della zona. Tra loro ci sono Randy, il nipote di Mayisha, chiamato al difficile compito di crescere una nuova generazione di Compton Cowboys; Anthony, ex spacciatore e detenuto, che ora si è fatto una famiglia ed è diventato un pilastro della comunità; Keiara, una madre single che sogna di vincere un campionato nazionale di rodeo; e c’è anche un piccolo ma unitissimo clan di ventenni – Kennet, Keenan, Charles e Tre – che in sella a un cavallo hanno trovato la libertà, la sicurezza e la dignità che spesso mancano ai giovani di Compton. Walter Thompson-Hernández giornalista di Los Angeles, ha studiato all’università di Portland e conseguito un master in Latin American Studies alla Stanford University. Nel 2017 ha iniziato la sua carriera al New York Times come reporter della redazione che racconta le sottoculture e le piccole comunità di tutto il mondo. Nel 2019 Compton Cowboys ha vinto il prestigioso Whiting Creative Nonfiction Grant. Questa è la recensione di Fabio Poletti del long read di questa settimana è tratto da Compton Cowboys di Walter Thompson-Hernández. La storia moderna e le origini dei cowboys afroamericani.
⭐️ La ricette della vincitrice dell’undicesima edizione di MasterChef Italia Tracy Eboigbodin
Vi lascio con una nota culinaria di leggerezza. La MasterCoach Tracy Eboigbodin mostra in un video come realizzare le frittelle Akara: un grande classico dello street food nigeriano.
Alla prossima settimana !