Evviva le nuove generazioni che hanno la diversity nel loro DNA culturale
La newsletter di Cristina Giudici
Evviva le nuove generazioni che hanno la diversity nel loro DNA culturale. Dall’ultima volta che vi ho scritto, sono successe molte cose. L’incontro di Genova sulla diversity leadership nella politica (presto pubblicheremo il video della giornata ma qui potete trovare la diretta) è stato un confronto molto stimolante che mi ha fatto capire quanto la società si stia evolvendo velocemente. I relatori e le relatrici, di cui molti eletti all’interno di un Consiglio comunale, hanno raccontato le loro esperienze nella politica territoriale, dimostrando una solida consapevolezza del loro mandato che va ben oltre il loro essere cittadini con background migratorio. Al netto di di essere ancora una minoranza, anche per la difficoltà a riformare la legge sulla cittadinanza, hanno affrontato con pragmatismo e senza condizionamenti ideologici problemi e soluzioni per il governo delle loro città. Dal degrado delle periferie ai finanziamenti del PNRR per contribuire alla crescita economica del Paese e cercare di ridurre le diseguaglianze sociali.
Il loro background migratorio che li rende dei modelli positivi da seguire è stato un punto di partenza, non quello di arrivo, perché non esprimono gli interessi della comunità di origine dei propri genitori, ma l’aspirazione a migliorare il loro Paese.
E questo significa che la diversity leadership resta un nodo cruciale, ma per le nuove generazioni ormai avere doppie e triple radici sta diventando finalmente un semplice dato di fatto. E non avere avuto delle politiche specifiche in Italia è stato uno svantaggio ai blocchi di partenza, ma paradossalmente anche un vantaggio per non essere incasellati solo nella categoria “cittadini stranieri”.
Martedì scorso invece ho partecipato a uno dei tanti eventi previsti dal progetto Tricolore2022 con il pittore Luigi Christopher Veggetti Kanku nella sede di Groane Vita presso la sala convegni Citterio della BCC (Banca di credito cooperativo) di Barlassina – in Brianza – dove Veggetti Kanku ha mostrato a oltre cento studenti delle scuole medie le sue opere, soprattutto ritratti di afrodiscendenti in Italia (e il giorno dopo a quelli delle scuole elementari). Ho trovato sorprendenti le loro reazioni, per nulla o quasi condizionate dal tema della diversity, dai volti degli italiani neri, ma entusiasti e interessati soprattutto allo strumento espressivo della pittura e alla storia artistica di Veggetti Kanku. Sebbene fra la scolaresca ci fossero pochi alunni di origine straniera e le classi non avessero una composizione multiculturale, a colpirli è stata soprattutto la potenza delle immagini. Altra dimostrazione che sia fra gli adolescenti che preadolescenti, il melting pot della società italiana è diventata parte del loro DNA culturale.
Eppure solo cinque anni fa, durante le presentazioni del mio libro Mare Monstrum, Mare Nostrum sugli sbarchi in Sicilia, nelle scuole della Brianza mi sono scontrata con una mentalità chiusa; ho avuto difficoltà a comunicare le storie delle migrazioni e a superare le diffidenze verso lo straniero da parte degli studenti. In soli cinque anni il mondo è cambiato in modo sorprendente e si devono cercare nuovi paradigmi.
Questo accade perché l’evoluzione sociale e demografica (sono 3 milioni i figli di almeno un genitore straniero, e il 13% di tutti i minorenni italiani hanno background migratorio) ha fatto crescere giovanissime generazioni con la diversity incorporata nel loro DNA culturale. Certo, non accade ovunque. E magari, chissà, quando questi studenti cresceranno potrebbero cambiare percezione perché non possiamo sapere come saranno i loro destini individuali e se le tante emergenze sociali potranno innescare nuovamente risentimento e la ricerca di un capro espiatorio. E certo, il razzismo non si può cancellare per decreto o con una bacchetta magica, ma in pochi anni il populismo xenofobo non pare essere più il sentiment prevalente. Grazie anche al lavoro prezioso fatto dagli educatori, ma soprattutto, credo, grazie a un’evoluzione naturale della società. Volete un altro esempio? Ieri alla lezione tenuta da Anita Pirovano, presidente del municipio 9 di Milano e docente del dipartimento di Psicologia all’università Bicocca, nel laboratorio Buone pratiche di integrazione dei/con i cittadini migranti ho potuto osservare la medesima percezione da parte degli studenti universitari. Anita Pirovano, coadiuviata da Irene Pavlidi (la consulente legale che su NRW cura una rubrica dedicata ai problemi legali dei cittadini stranieri) ha parlato dei fenomeni migratori e delle buone pratiche di integrazione. E anche i suoi allievi hanno mostrato una reazione simile a quella degli studenti delle scuole medie. Per loro essere cittadini del mondo sembra un fatto normale, se non addirittura scontato. Perciò credo sia arrivato di avviare una nuova riflessione sulla diversity interculturale.
Dai giovani adulti che sono entrati nelle istituzioni ai più piccoli, la diversità delle radici culturali rappresenta una risorsa, forse una marcia in più per immergersi nella loro epoca? Fra 4-5 anni non ci sarà più bisogno di spiegarla? Le discriminazioni verso gli stranieri saranno delle eccezioni? Parlare di coppie miste o di cittadini con passato migratorio non sarà più un tema necessario o cruciale come lo è oggi?
Non ho la sfera di cristallo ma ancora una volta la società civile si mostra più avanti delle sue istituzioni o dei politici che la rappresentano. E anche se oggi abbiamo solo un senatore di origini africane e sull’integrazione resta molto da fare, a cominciare dalla mancata riforma della cittadinanza; e anche se l’accoglienza dei migranti e il rispetto dei loro diritti è ancora un tema molto dolente, non possiamo ignorare cosa accade fra i giovanissimi. Le nuove generazioni con la diversity incorporata nel loro DNA culturale rappresentano un stimolo per riflettere sui cambiamenti positivi. Parliamone.
Breve rassegna stampa di NRW
La sanatoria mancata (anche per gli ucraini). Molte regolarizzazioni di lavoratori in Italia, tra cui anche ucraini, sono sospese dal 2020 in un purgatorio amministrativo. Ce ne parla la nostra esperta legale Irene Pavlidi nella sua rubrica: Alto rischio, l’eterna attesa delle regolarizzazioni del 2020. L’incubo di Shangai. Dopo un mese di lockdown della capitale economica, le proteste aumentano e le conseguenze si sentono per tutta la Cina. E ora rischia il blocco totale anche Pechino. L’intervista di Michela Fantozzi a Filippo Fasulo, esperto di politica interna cinese e responsabile del centro di geoeconomia dell’Ispi: ll lockdown di Shanghai che sta bloccando la Cina (e il mondo). La versione di Adam Clark. La traduzione di questa settimana sulle immagini e il racconto dal confini della Polonia: Over one million and 700 thousand refugees from Ukraine. Images from the Korczowa reception centre in Poland. Note musicali. Lasciato alle spalle il reparto Covid, Kaze si racconta a NRW. Protetta dal santino di Beyoncé, oggi è pronta per calcare i palchi (anche quello di Apple Music). Mariarosa Porcelli questa settimana ha scovato un nuovo talento: Dagli schermi di Amazon Prime con Achille Lauro al Mi Ami: il momento d’oro di Kaze. I libri di NRW. Il long read di questa settimana scelto da Fabio Poletti è tratto da I sogni degli altri di Selim Özdogan, un’opera scandita anche nella scrittura dalla musica rap, tutto nervi scoperti e sangue. Podcast. Ep 12 I Radici, il podcast di NRW: Al confine e ritorno con i profughi dall’Ucraina. L’Editoriale: A Genova, la terza tappa sulla diversity leadership per superare il voto etnico.