#Donnavitalibertà. Anche in Italia ci mettono la faccia, anzi una ciocca
La newsletter di Cristina Giudici
#Donnavitalibertà. Anche in Italia ci mettono la faccia, anzi una ciocca. Sabato scorso ho conosciuto le iraniane d’Italia che stanno manifestando in nome di Masha Amini. Donne (e uomini) che chiedono una libertà senza se e senza ma oltre che senza velo. Ho conosciuto Sarah (una delle organizzatrici della manifestazione milanese) che lavora come architetto a Bergamo. Mi ha raccontato di essere venuta in Europa a studiare per sfuggire all’oppressione maschile della famiglia: «Vista dall’ Europa sembra che tutti gli iraniani, soprattutto a Teheran, stiano protestando contro il regime ma le famiglie sono divise. Mio padre ha combattuto contro lo scià Mohammad Reza Pahlavi e la Repubblica islamica eppure trova inaccettabile che lo faccia una donna. Idem i miei fratelli. Le nuove generazioni che stanno sfidando il regime in Iran non hanno più voglia di aspettare le riforme e rappresentano la nostra possibilità di riscatto». In piazza della Scala, a Milano, sabato scorso c’erano molte femministe e non solo iraniane: afghane, italiane. Sembrava una manifestazione più simile al Pride: gli uomini indossavano ironicamente il velo e le attiviste LGBTQ+ gridavano per chiedere la libertà di genere. La protesta italiana nella metropoli milanese ha portato davanti a Palazzo Marino soprattutto studenti, ricercatori, architetti, designer. In linea con la vocazione internazionale della città più europea d’Italia. Ed è stato emozionante sentirli cantare in persiano le strofe della canzone Per di Shervin Hajlipor che ha messo in fila tutti i motivi delle proteste prese dai post di twitter ed è stato arrestato. La sua melodia è diventata la straziante colonna sonora della ribellione iraniana e viene cantata in tutte le piazze europee.
Dopo che è stata resa pubblica la notizia dell’assassinio di Nika Shakarami, 17 anni, scomparsa il 20 settembre, la protesta non si ferma. Oggi a Milano si ritrovano di nuovo le iraniane d’Italia e anche le attrici cominciano a tagliarsi una ciocca di capelli da mandare all’ambasciata.
#Donnavitalibertà. Anche in Italia ci mettono la faccia, anzi una ciocca
C’è chi lo fa con imbarazzo e chi in modo netto, quasi feroce. In Italia hanno preso le forbici Claudia Gerini e Belen. In Francia Juliette Binoche, Marion Cotillard, Isabelle Adjani, Isabelle Huppert. Il taglio dei capelli è un gesto evocativo che supera le barriere linguistiche e culturali.
Nel frattempo le vittime della repressione del regime sono salite a 154, secondo le stime del centro norvegese Iran human right e Josep Borrell, intervenendo al Parlamento europeo con una informativa sulla morte di Mahsa Amini, ha dichiarato: «Con gli stati membri continueremo a vagliare tutte le opportunità a nostra disposizione. Anche eventualmente misure restrittive per reagire all'uccisione di Mahsa Amini e alle reazioni nei confronti delle dimostrazioni. Quando dico misure restrittive sto utilizzando le parole del Trattato: non si usa il termine sanzioni ma si parla di misure restrittive». Un gergo politichese che sembra molto lontano dalla rabbia del taglio di una ciocca di capelli trasformato in una metafora di quanto in Iran è da sempre reciso: parole, libertà, diritti.
Il nuovo workshop di Nuove Radici sulla diversity leadership.
Il 28 ottobre saremo a Vicenza per concludere il nostro ciclo di incontri dedicati alla Diversity leadership nell’arte, nel sistema sanitario e nella politica; nella letteratura e nelle imprese. Spoiler: ci saranno aziende inclusive, imprenditori con background migratorio, professioniste che si occupano di formazione e anche una straordinaria “coppia” afghana di etnia hazara : Hamed Ahmadi che ha creato una piccola catena di ristorazione a Venezia, Orient Experience, facendo leva sulla cucina etnica con la collaborazione di tanti rifugiati e sua sorella Zahara Ahmadi che a Kabul, prima di essere costretta a fuggire, ha fondato due famosi ristoranti messi a disposizione delle nuove generazioni per promuovere l’emancipazione femminile. Parleremo quindi di diritti, di rigenerazioni con Bassel Bakdounes di Velvet Media, di visioni del diversity management con Ronke Oluwadare. Ci saranno inoltre aziende Italiane e non che hanno affrontato e gestito al meglio le tante diversità, puntando sugli ecosistemi.
Ci troveremo a Vicenza perché si tratta di una città simbolica per il sistema imprenditoriale italiano ma sarà un confronto per tutti e senza frontiere. Se volete partecipare, potete scrivere nuoveradiciaps@gmail.com o cliccare qui
La mia reading list
⭐️ I libri di NRW
Questo romanzo profuma di buono. Profuma di noce moscata, tamarindo, burro di karitè e di tutte le spezie che ci regala l’Africa. Profuma pure di consuetudini familiari, di legami intrecciati e stretti, di una storia che spesso non conosciamo, dei rapporti tra Senegal e Guinea. Due Paesi, ai nostri occhi occidentali, che ci paiono uguali, dello stesso colore. Nelly Diop, nata in Senegal dove si è poi laureata in Civilizzazione e Letteratura americana all’Università di Dakar, da anni in Italia dove lavora come insegnante di inglese e traduttrice, per questo suo primo romanzo, La voce dell’elefante pubblicato da Atmosphere Libri, ha intinto la penna nell’inchiostro della memoria e delle radici, mai troppo lontane da essere dimenticate. Ne è uscito un ritratto familiare e generazionale con alcuni risvolti inaspettati, alla fine come la vita stessa di chiunque. Protagonista, o meglio guida del libro, è Bintu, non più bambina, quasi adolescente, nell’età difficile in cui ogni domanda merita una risposta. E se gli adulti non sono in grado di fornirle non c’è che andarle a cercare. Il long read di questa settimana scelto e recensito da Fabio Poletti
⭐️ Ricostruire Irpin prima dell’arrivo del Generale Inverno
L’evento Escape from Irpin illustrerà le iniziative di ricostruzione della città ucraina nate dalla collaborazione tra municipalità, attivisti e organizzazioni della società civile, italiane e ucraine. Potete iscrivervi qui
⭐️ Expat a Berlino: due studi.
Negli ultimi anni il fenomeno della mobilità giovanile e non solo italiana a Berlino è diventato oggetto di studi accademici come esempio paradigmatico di un fenomeno molto più ampio. Ne parla Federico Quadrelli che preferisce il termine più contemporaneo di mobilità su Neodemos
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