Dietro la rotta balcanica e la diversity leadership c’è la stessa meta: la cittadinanza
La newsletter di Cristina Giudici
Dietro la rotta balcanica e la diversity leadership c’è la stessa meta: la cittadinanza. C’è chi ha un passato migratorio, nelle sue radici, e ha combattuto con determinazione, viaggiando con il vento contrario per demolire gli stereotipi ed emergere e c’è chi, imprigionato in un bosco della Bosnia, lotta ai confini orientali per sottrarsi alla violenza e all’oblio per entrare nel mondo dello stato diritto che gli viene negato.
Destini apparentemente lontani che si intrecciano perché dietro un leader con background migratorio che emerge si cela quasi sempre una storia travagliata per affermare il suo diritto di essere un cittadino italiano. Così come dietro ogni profugo che cerca di ottenere il diritto a chiedere asilo all'Italia, ci sono una lunga marcia, una battaglia sfiancante per lasciarsi alle spalle, una guerra, un dolore immenso e l'agognato desiderio di diventare cittadino europeo.
Oggi è partita una piccola delegazione europea di europarlamentari del Partito democratico, composta da Alessandra Moretti, Pierfrancesco Majorino, Brando Benifei e Pietro Bartolo, per permettere all'umanità dolente che si trova intrappolata fra la Croazia e la Bosnia di uscire dal gioco brutale che tutti chiamano game. O chiamatelo Squid Game se volete, come la serie che sta spopolando su Netflix che narra la brutalità che bisogna affrontare per restare vivi. Ve ne ho già parlato, con l’anticipazione di Pietro Bartolo. Ora vi racconto tutti i dettagli di questa missione che deve servire anche ad aprire gli occhi, anzi a sbarrarli, per vedere cosa sta accadendo. Come mi ha spiegato l’europarlamentare Alessandra Moretti. «Stiamo tornando sui luoghi di snodo principale della rotta balcanica, a nord della Bosnia Erzegovina, dove migliaia di persone sfidano la sorte per riuscire a varcare il confine europeo. Con una delegazione di colleghi europarlamentari del PD, sono stata a Bihać, centro vicino al confine con la Croazia, lo scorso febbraio, e ciò che ho visto mi ha convinta ulteriormente della necessità di un impegno costante e condiviso per gestire il fenomeno migratorio alle frontiere europee», mi ha raccontato. «All’inizio del 2021, in una terra coperta da un manto gelido di neve, circa 950 persone vivevano nelle tende del campo di Lipa, un’area con soli dieci bagni chimici, circondato dal filo spinato, dove scarseggiava l’acqua. Molti stavano a piedi nudi, per conservare l’unico paio di scarpe per la lunga e pericolosa camminata verso l’Europa, tragitto che per tanti veniva brutalmente interrotto dalle autorità croate».
All’inizio del 2021 di fronte a quelle persone e a quelle storie di sofferenza e paura, abbiamo stretto un patto: non avremmo mai lasciato cadere l’attenzione sulle loro vite, avremmo lavorato dal Parlamento europeo e attraverso ogni strumento a nostra disposizione per garantire loro una speranza, creando innanzitutto corridoi umanitari e spingendo per una riforma del sistema europea di gestione di questi flussi. Vogliamo rispettare questo patto e, anche per questo, oggi torniamo in quelle terre per verificare con i nostri occhi se e quali progressi siano stati compiuti.
Il viaggio partito oggi giovedì 28 ottobre da Trieste, dove gli europarlamentari incontrano le ong italiane impegnate su questo fronte, proseguirà venerdì a Bihać, dove visiteranno il tristemente famoso campo di Lipa e tutte le persone che ospita, verificando lo stato dei lavori che dovrebbero portare all’apertura di un campo più adatto alle esigenze di chi ci vive entro poche settimane, prima che il gelo di quelle zone renda impossibile la vita dei tanti migranti. «Vogliamo dedicare uno sguardo particolare a tutte quelle situazioni che coinvolgono bambini, minori non accompagnati e donne che si trovano soli nel lungo viaggio che li ha portati alle porte dell’Europa. Visiteremo centri di accoglienza per famiglie, incontrando coloro che più di tutti hanno bisogno del nostro sostegno», ci ha detto.
Siamo decisi nel volere mantenere l’impegno per garantire a queste persone dignità e una concreta opportunità per ricominciare. Ma con il nostro impegno vogliamo anche contribuire a costruire un futuro per la nostra Unione europea, la quale potrà esistere solo mantenendo e lottando per i suoi valori fondamentali, come la solidarietà tra i suoi stati membri e il rispetto dei diritti umani.
Diversity leadership nell’arte, ci vediamo domani!
Non mi sembra vero. Il nostro primo incontro sulla diversity leadership nell’arte con artisti di prima e seconda generazione è finalmente arrivato. Ci siamo fatte un mazzo tanto, scusate il francesismo, e ora non mi restano che gli scongiuri perché vada tutto bene (tecnicamente). Domani mattina, sveglia all’alba per essere puntuale, cosa inconsueta per me, per accogliervi con il team di NRW e i leader che abbiamo scelto per il primo appuntamento del nostro progetto, a Milano. Vi racconteranno la loro storia, la loro arte, la loro marcia per poter esprimere la propria creatività. E insieme a voi che parteciperete, rifletteremo su cosa significa emergere se si ha un background migratorio. Nel pomeriggio insieme ai nostri ospiti alla Fondazione Riccardo Catella, i nostri partner e compagni di viaggio Matteo Matteini di Vitality social e Anass Hanafi di Nili, il network per l’inclusione dei leader italiani, terranno i workshop con diversi gruppi dei partecipanti per approfondire i temi emersi durante la conferenza, interagire, salire in cima a un tetto e guardare gli orizzonti.
Sarà un magnifico incontro per fare quello che ci ha suggerito un nostro lettore: cosa dopo cosa, persona dopo persona, provare a ingentilire e a migliorare questo bizzarro Paese che sembra sempre indignato, confuso, stremato, diviso ma ha le risorse spesso dimenticate in un baule in soffitta per fare cose straordinarie e costruire un futuro di cui non avere paura, anzi.
Parleremo anche di diritti, inclusione e cittadinanza. La cittadinanza delle idee e delle persone che faticano ad averla. Senza mai dimenticare chi a confini orientali o su un barcone nel Mediterraneo sta sfidando l’Europa intera per poter avere un rifugio da cui ripartire e diventare cittadino, un altro leader, chissà, dell’Italia (multiculturale) che ci meritiamo.
Breve rassegna di NRW
Le parole contano. Come si comunica la diversity sui media? L’esperta digital e fashion designer Aida Aicha Bodian ce lo racconterà domani. Qui potete scoprire qualcosa per avere qualche suggestione in anteprima di Mariarosa Porcelli: Aida Aicha Bodian e la comunicazione della diversity. La musica e gli afrodiscedendenti. Marco Lussemburgo invece ha chiesto a Tommy Kuti un’anticipazione del suo intervento: Diversity leadership nell’arte: prende la parola il rapper Tommy Kuti. Suggestioni letterarie. Il long read di questa settimana è tratto da L’ultimo siriano di Omar Youssef Souleimane, un racconto umano e privato della primavera araba siriana. Il cinema che cambia. L’intervista di Michela Fantozzi (e breve video) a un’altro dei protagonisti dell’incontro sulla diversity leadership nell’arte: La rivoluzione di Alberto Malanchino. Africa Rivista. Dall’India all’Africa, i Bajaj a tre ruote si diffondono velocemente e potrebbero avere un impatto ambientale positivo: Largo ai Bajaj, i veicoli a tre ruote che spopolano nelle città africane
Ps. Per questa settimana, ci fermiamo qui. Domani le parole di NRW si trasferiranno fuori dal web per guardarci negli occhi. Se apprezzate il nostro lavoro, oltre a venire a incontrarci, potete entrare nella nostra comunità. Cominciamo ad essere tanti, ma c’è ancora posto!