Caro Galli della Loggia, la cittadinanza (e lo ius culturae) non è un'opinione
L'editoriale di Cristina Giudici
Caro Ernesto Galli della Loggia, la cittadinanza (e lo ius culturae) non è un’opinione. In un accorato editoriale su un accorato articolo di Gad Lerner (e il suo rammarico per quei giovanissimi arabi di seconda generazione che hanno gridato “Cani” agli ebrei e bruciato la bandiera israeliana in piazza Duomo), Ernesto Galli della Loggia ha raggiunto l’affrettata conclusione: «È una prova – piccola? Non direi tanto – che lo ius culturae (fondato per l’appunto sull’avvenuta frequenza di un ciclo scolastico) che molti ritengono sufficiente a dimostrare l’avvenuta integrazione dei giovani immigrati nati in Italia, e perciò la loro idoneità a ottenere la cittadinanza, non ha da sola il valore che molto ottimisticamente le si vuole attribuire». A parte le incongruenze concettuali sugli immigrati che se sono nati in Italia non possono essere immigrati, la sua sbrigativa conclusione è la seguente: «Tra illuminismo e identità, rassegniamoci, quasi sempre vince l’identità». Perciò in questo meno accorato e mi auguro più ponderato editoriale mi chiedo cosa ci azzecchi la cittadinanza, che non è una concessione ma un fatto amministrativo, sebbene di grande valore simbolico per cittadini che vivono qui e non nella Striscia di Gaza. L’ipotesi improbabile di non concedere la cittadinanza a coloro che fanno il tifo per il gruppo terrorista di Hamas mostra uno scollamento dalla realtà. Si sa, lo abbiamo osservato per molti anni, che una parte di cittadini di origini arabe è radicalizzata. Ed è stato provato quanto sia diffuso il sentimento antisemita (non solo fra chi ha origini arabe). Pulsioni e ideologie da affrontare con pragmatismo, politiche sociali e culturali appropriate. Sapendo innanzitutto dividere il grano dal loglio. E cioè distinguere la protesta legittima per chiedere al Governo israeliano di fermare i bombardamenti che stanno uccidendo tanti civili dal fanatismo.
Fatta questa premessa, chi nasce e cresce qui è italiano perché questo è il suo Paese. E non lo è o lo diventa in base alle sue idee, giuste o sbagliate che siano. La libertà di espressione che ci rende più vulnerabili e più forti al contempo e la cittadinanza sono due temi che non devono essere confusi. Perché se il criterio per concederla è il tasso di equilibrio politico, allora dovremmo toglierla a tantissimi italiani da molte generazioni.
E se, poniamo, un italiano di origini straniere compie un reato di istigazione all’odio antisemita, se ne assumerà le responsabilità davanti allo Stato con leggi che debbono valere per tutti. La misura della convivenza civile e religiosa non può essere condizionata da un passaporto ma dalle politiche che si adottano. Trovo bizzarro che la cittadinanza debba essere soppesata in base alle ideologie. Ma quei giovani incazzati per molte (altre) ragioni che vedono sullo schermo la guerra e vanno in piazza a protestare, in maggioranza pacificamente, magari capendo un decimo della partita in gioco fra le opposte fazioni estremiste che ancora una volta hanno avuto la meglio in Israele e in Palestina, sono cittadini di questo Paese. Lavorano, vanno a scuola o nelle università, rappresentano una generazione che pone sfide sul tema identitario. Ci dovrebbero pensare gli educatori a offrire loro gli strumenti culturali per favorire la comprensione della complessità storica. Ma la cittadinanza che c’azzecca? Chi ce l’ha o dovrebbe averla è perché vive qui, non nella Striscia di Gaza. La cittadinanza non è sinonimo di integrazione per chi è nato qui e qualcuno dovrebbe informare Galli della Loggia che porre come condizione la frequenza di un ciclo di studi per ottenere lo ius culturae è stata una convenzione, un compromesso, per abbassare l’età anagrafica e ottenere l’agognato passaporto che permetta a tutti di avere le stesse opportunità.
Ogni società multiculturale deve fare i conti con derive identitarie
La tesi sostenuta dall’editorialista del Corrierone secondo cui la Costituzione vieta di togliere la cittadinanza a chi è italiano e non ci obbliga a darla a chi sposa tesi estreme non regge. Se un italiano istiga all’odio verso gli stranieri deve confrontarsi con la legge. Se un italiano con origini diverse istiga all’antisemitismo, se ne assumerà le responsabilità. Non è vietando ulteriormente il diritto alla cittadinanza che si troverà la soluzione per una maggiore coesione sociale. Perciò non mescoliamo capre e cavoli. La contemporaneità pone sfide a cui dobbiamo essere preparati. Fra le nuove generazioni ci sono talenti, grovigli problematici, approcci costruttivi e anche derive identitarie. Se l’intelligenza politica e la capacità di discernimento devono diventare il criterio per concedere o togliere la cittadinanza, gli italiani con diritto ad essere tali possono formare un club molto ristretto.
Rassegna di NRW
Notizie che fanno sorridere. Durante il primo lockdown Khaby Lame, ventunenne italosenegalese cresciuto a Chivasso, ha iniziato a fare dei video ironici che hanno registrato numeri da record. Il ritratto del creator che ha più follower di Mark Zuckerberg di Elisa Mariani: Khaby Lame: come diventare l’italiano più seguito al mondo su TikTok. Serie da vedere. Su Netflix dal 27 aprile, la serie Fatma racconta una Turchia dove le donne sono sempre più oppresse. La recensione di Marco Lussemburgo: Fatma, la serie Netflix che riscatta le donne nella Turchia di Erdogan. Atleti da tenere d’occhio. Simbolo dei molti talenti dell’atletica di seconda generazione, il velocista azzurro con origini texane giovedì scorso è entrato nell’olimpo dell’atletica italiana. Domenico Cannizzaro vi spiega brevemente cosa ha fatto e le sorprese che potrebbe darci. Marcell Jacobs: l’uomo più veloce d’Italia, simbolo della diversity. Imprese inclusive. Come far entrare i rifugiati nel mercato del lavoro? Ce lo ha raccontato l’azienda premiata per il secondo anno consecutivo dall’Unhcr per le sue scelte inclusive: Imprese e integrazione: ecco perché seguire il modello Sodexo (premiato anche dall’Onu). Storie di questo mondo. Nella nuova puntata della video rubrica di Sara Lemlem, l’attrice teatrale Rosanna Sparapano affronta il tema della diversity. New Roots: Rosanna Sparapano, l’attrice che dice no agli stereotipi. Storie dell’altro mondo. Dopo dieci anni in Italia, Macoumba Thiam torna in Senegal con un progetto imprenditoriale per stimolare una microeconomia rurale. L’intervista di Margherita De Gasperis: Mobique: la migrazione circolare di Macoumba Thiam che sta facendo scuola. Meglio leggerli: nella rubrica letteraria curata da Fabio Poletti trovate il long read tratto da Una storia americana di Francesco Costa (Mondadori). Un racconto delle nuove sfide per gli Usa nell’epoca di Joe Biden e Kamala Harris.
I risultati provvisori del sondaggio di NRW
Grazie ancora una volta per aver preso la parola attraverso il nostro sondaggio. Fra le risposte arrivate, ne prevale una su tutte: la volontà di far sentire la propria voce, la possibilità di essere ascoltati oltre che informati. Sebbene i nostri lettori abbiano un’età fra i 20 e i 40 anni, mi ha colpito la riposta di un signore anziano: «Ho più di ottant’anni, ma credo che non si debba mai perdere l’attitudine a sognare». Continuate a risponderci. Prendete la parola, (ri)prendiamoci la parola.