Care seconde e nuove generazioni, decidete se fare leva sulla rabbia o creare ponti
L'editoriale di Cristina Giudici
«Io sono nata arrabbiata. E sono cresciuta arrabbiata. Quando andavo e scuola e tornavo piangendo perché qualcuno mi aveva chiamato negra o prostituta, ero triste e arrabbiata. Mi dicevo: “Io non sono una prostituta e sono arrabbiata perché le persone non riescono a vedermi per quello che sono”. Ero furiosa. Ma la rabbia è una goccia che cade sempre sullo stesso punto e un giorno mi sono chiesta cosa me ne faccio di tutta questa rabbia? Io non sono stata più capace di sostenere quella rabbia». Questa riflessione della scrittrice italoghanese Djarah Kan, che vive a Napoli, è stata fatta all’interno di un dibattito che si intitolava The beat of my drum. Alla terza edizione del Festival DiverCity, Esistenze, che si è tenuta la settimana scorsa allo spazio Base di Milano, ho ascoltato con attenzione molte testimonianze di scrittrici e attiviste. Un evento significativo che ha fatto salire sul palco numerosi protagonisti delle nuove generazioni di afrodiscendenti. Fra dibattiti e spaccati di vite ho percepito qualcosa che da tempo mi fa riflettere. Perché, indipendentemente dall’energia trascinante degli organizzatori che vogliono creare consapevolezza sul “corpo nero”, mi sono resa conto che sta prendendo piede una filosofia che non aiuta l’inclusione. Quando tre anni fa, ho concepito il progetto di NRW, tanti giovani emergenti, soprattutto afrodiscendenti, si muovevano in ordine sparso in cerca del baricentro della propria identità (e ogni manifestazione interculturale era ben vista). Alcuni lo hanno trovato, altri si sono arroccati a parlare di razializzazione, razzismo sistemico, decolonizzazione del pensiero (delle serie, trova il razzista che c’è in te) e del linguaggio. Facendo la richiesta agli amici o compagni di viaggio autoctoni di fare un passo indietro per diventare alleat*. E nelle testimonianze ho sentito un termine prevalente: rabbia. La rabbia che serve a creare consapevolezza. La rabbia che serve a crescere, la rabbia che serve a difendersi, la rabbia che non bisogna mollare mai. Perciò ho apprezzato molto la considerazione problematica di Djarah Kan.
Il tema è troppo vasto per essere affrontato in un editoriale ma davanti alla rabbia di chi si sente tradito in una società che non riconosce e spesso non rispetta l’identità delle minoranze etniche, dove è troppo difficile essere diversi, soprattutto se si ha la pelle nera, e dove ottenere la cittadinanza è un percorso agli ostacoli, la reazione è stata quella di rinchiudersi nel perimetro della diffidenza e della cifra identitaria ed etnica.
Le nuove generazioni che stanno emergendo sono protagonisti determinanti del dinamismo interculturale che deve essere aperto e trasmesso a tutti. Tornare alle proprie radici è una tendenza naturale ma bisogna sapere anche come costruire ponti. E dividere il mondo fra neri “razializzati” e bianchi privilegiati contribuisce ad alzare gli steccati. Andi Nganso, ideatore del Festival DiverCity è un giovane medico con una mente brillante che sta cercando di mettere in rete tutte le eccellenze afrodiscendenti. Esistenze è stato un palcoscenico importante nel vuoto pneumatico del dibattito sulle nuove generazioni che crescono e ci sono stati contributi artistici di cui si sentiva la mancanza, ma non sarà la rabbia la leva della coesione. E non riesco a decifrare le sue parole quando parla di comunità “razializzate” perché istintivamente mi viene in mente la pulizia etnica in Serbia o la violenza brutale nei ghetti degli afroamericani. Lo capisco meglio quando spiega che si deve dare spazio al loro protagonismo, punti di vista diversi ed eccellenze, ma faccio fatica ad accettare che in Italia nel 2021 si parli ancora di noi e loro.
Sono convinta che siano le diseguaglianze sociali ed economiche a creare le discriminazioni contro i neri, più che il retaggio coloniale. Perciò ribadisco: care seconde e nuove generazioni, decidete se fare leva sulla rabbia o creare ponti.
Oggi a Torino si apre un altro incontro importante di segno diverso se non opposto: il seminario Protagonisti! Le nuove generazioni italiane si raccontano è la quinta assemblea annuale del CoNNGI che mira a promuovere la cittadinanza attiva e la partecipazione alla politica, considerata una priorità. Lo fa con compagni di viaggio di ogni etnia e background in un contesto istituzionale perché l’accesso alle istituzioni è considerato più importante del vittimismo che rischia di scaturire dalla rabbia. Partecipano Andrea Orlando, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, il sindaco Chiara Appendino e Laurence Hart, Direttore dell’Ufficio di Coordinamento per il Mediterraneo dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni – OIM. Quest’anno il seminario è dedicato allo sport come strumento di leadership, inclusione sociale e culturale. Il presidente del CoNNGI Simohamed Kaabour, origini marocchine, considera sé stesso e la sua community – che include molti afroitaliani ma non solo – parte di una generazione ponte che deve interloquire con tutti per creare pari opportunità per i cittadini con origini diverse. Investendo sulla (in)formazione e sulla scuola.
Sono le due facce delle nuove generazioni con background migratorio che non comunicano fra loro. Perciò dico: care seconde e nuove generazioni, decidete se fare leva sulla rabbia o creare ponti.
Breve rassegna stampa di NRW
Influencer che fanno della diversità della lingua la loro fortuna. Se si è su Instagram, è impossibile non essersi ancora imbattuti in uno dei suoi Reel e nel suo inconfondibile frasario. E lo ha capito anche GialloZafferano. Elisa Mariani ci racconta chi è Andriana Kulchytska, la FoodToker con l’accento. Diaspora moldava. Si fa presto a collegare le cittadine moldave alle lavoratrici domestiche, ma il loro contributo è servito a eleggere nel loro Paese la prima donna presidente che noi non abbiamo mai avuto. Anca Mihaescu l’ha incontrata: Maia Sandu: «Io, prima presidente donna, sono il cambiamento della Moldavia». English version. Questa settimana abbiamo scelto di tradurre la storia autobiografica della giovane scrittrice Sabrina Efionayi, che vuole dare voce alle seconde generazioni: Sabrina Efionayi: from her debut at the age of 16 to the novel of her generation. Suggerimenti per le letture estive. Fabio Poletti ha scelto il long read tratto da Uomo invisibile di Ralph Ellison. Un libro intriso di rabbia e jazz, che ha lasciato il segno nella letteratura afroamericana. L’odissea della rotta atlantica. Cos’hanno in comune le Isole Canarie, Lesbo e Lampedusa? Che ruolo ha la Mauritania? Il giornalista Txema Santana ha spiegato a Michela Fantozzi come funziona il passaggio a ovest: Perché i migranti hanno riscoperto la rotta atlantica e cosa trovano alle Canarie.
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