#CambieRai: la nuova sfida delle nuove generazioni di italiani da non ignorare
L'editoriale di Cristina Giudici
È una sfida importate quella che attende le nuove generazioni con background migratorio che si sono riunite per organizzare una campagna di mobilitazione e chiedere alla Rai il rispetto del codice deontologico e una maggiore apertura verso la diversity. Una sfida che mi auguro sia colta e portata avanti dai protagonisti con spirito costruttivo. #CambieRai è stata avviata dopo un increscioso episodio avvenuto il 28 marzo, quando l’attrice Valeria Fabrizi, nel commentare una sua foto giovanile durante la trasmissione Da noi… a ruota libera, ha esclamato: «Sembro una negra, una ragazza di colore», e non ci metto nessun asterisco perché le frasi razziste e offensive (offensive per chiunque indipendentemente dal proprio background) a mio avviso vanno riportate fedelmente: le parole sono importanti e il linguaggio nell’Italia che cambia, che è già cambiata, deve tener conto che parla a tutti, compresi gli italiani di pelle nera e di tante origini diverse. Il casus belli è stato l’avvio di una campagna che ha aggregato tanti giovani che chiedono il cambio di passo e oggi si sono ritrovati davanti alla sede della Rai a Milano, Roma e Torino per protestare contro il linguaggio razzista. In questi giorni, nella lettera mandata alla Rai e ai giornalisti di altre reti televisive attraverso un mail bombing, le reazioni sono state differenti. Alcuni giornalisti si sono sentiti ingiustamente accusati, altri hanno dimostrato interesse, altri ancora hanno replicato di essere stati sempre attenti al tema migratorio.
Ed è questo l’equivoco che NRW segnala in ogni dove per sottolineare come la narrazione debba essere cambiata: le nuove generazioni con background migratorio sono figli o nipoti di immigrati, ma non migranti. Cittadini dell’Italia che cambia, che è già cambiata. E per questo motivo alcuni attivisti come quelli del CoNNGI, il Coordinamento Nazionale Nuove Generazioni Italiane, hanno scelto di adottare l’espressione paradossale “generazione involontaria”, coniata dallo scrittore Tahar Ben Jelloun
È una sfida importate quella che oggi attende le nuove generazioni con background migratorio perché alla protesta deve seguire una proposta costruttiva che permetta loro di poter contare di più. E non solo in Rai, dove ci auguriamo si favoriscano più formazione e spazi per autori televisivi con origini diverse che possano raccontare meglio l’Italia che cambia, che è già cambiata. Ai blocchi di partenza bisogna avere le stesse opportunità in tutti i campi. Avverrà, sta già avvenendo ma molto lentamente perché la mancata riforma della cittadinanza impone paletti e ostacoli. E per questo motivo anche Foad Aodi, presidente dell’Amsi, l’Associazione di medici di origine straniera, ha chiesto al sottosegretario del ministero della Salute Pierpaolo Sileri di mettere in pratica la legge che permette di operare nel sistema sanitario nazionale anche solo con il permesso di soggiorno come previsto dal decreto Cura Italia, considerato che solo il 10% di loro lavora nelle strutture pubbliche mentre gli altri vanno giocoforza nel privato. Tornando alla campagna #CambieRai, nata per protestare contro l’uso del linguaggio razzista o di casi di blackface sul piccolo schermo, mi auguro cresca per diventare una soluzione concreta alla mancanza di una visione dell’Italia multietnica che viene sempre confusa con il tema migratorio, a cui si intreccia, ma con distinzioni che vanno capite, studiate, rimarcate. Da oltre due anni raccontiamo le nuove generazioni italiane, le eccellenze, la leadership, la necessità di comprendere l’effervescenza intellettuale, artistica, imprenditoriale. Ma non basta. Ci vogliono pratiche, politiche che favoriscano l’inclusione di chi resta ai margini, la valorizzazione di chi è riuscito ad affermarsi grazie al proprio talento o alla tenacia. Altrimenti assisteremo, ne sono abbastanza certa, a una radicalizzazione identitaria che non favorirà la coesione sociale che noi, con il nostro progetto culturale ed editoriale, vogliamo invece promuovere. Non si deve arrivare a pensare che gli eterosessuali non possono parlare di omosessualità o della comunità lgbt, che i bianchi non possono affrontare il tema del razzismo perché non sono neri e via così. E per evitare questa contrapposizione bisogna semplicemente comprendere l’Italia che cambia, che è già cambiata, e cedere il passo anche alle nuove generazioni perché siano protagoniste della propria narrazione.
Breve rassegna di NRW. Nuovi punti di vista. Perché limitarci a parlare di accoglienza? La psicologa russa Elena Nemilova, intervistata da Margherita De Gasperis, insegna ai suoi pazienti a salvarsi da soli e ad aprirsi all’inclusione culturale: Elena Nemilova: «L’integrazione parte dagli stranieri non solo dall’accoglienza». Temi controversi. La geopolitica dei vaccini è oggi più complessa che mai. E il (giusto?) profitto delle aziende si scontra non solo con l’etica, ma con l’interesse generale. L’analisi di Cristina Kiran Piotti: Vogliamo uscire dalla pandemia? Iniziamo a inviare vaccini ai Paesi poveri. Le storie da conoscere. Le ricette inaspettate del giovane di origini capoverdiane che si divide fra cucina e musica, Mariarosa Porcelli racconta la storia di Luca Neves: Sono nato qua. Luca Neves, lo chef apolide che rappa lo ius soli. Se vi incuriosisce, curiosate anche nella sua playlist sul nostro canale Spotify, Nuove Radici World Radio. Progetti da conoscere. Nelle periferie di Milano la battaglia al razzismo riparte con l’ironia di ragazzi di origini straniere, protagonisti di una campagna di sensibilizzazione multimediale: Discriminazioni e periferie. Adolescenti di seconda generazione ci mettono la voce. Libri e long read da leggere. Nel ponte pasquale, doppio suggerimento per le vostre letture. ll romanzo di Wilfried N’Sondé, un viaggio nella storia per arrivare fino al Papa di Roma e chiedergli la scomunica di chi nel XVII secolo commerciava schiavi, Un oceano, due mari, tre continenti e un Papa che avrebbe potuto cambiare la storia e Lo sguardo avanti di Abdullahi Ahmed, un libro sul viaggio dalla Somalia, ma soprattutto sul ritorno.
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