Altro che Egitto, è l'Italia a non essere un Paese sicuro per i migranti
La newsletter di Cristina Giudici
Vi ricordate quando Salvini nel 2020 citofonava in diretta social a un presunto spacciatore di Bologna? Allora in tanti lo guardavamo come si fa con un ubriaco che non vuole mollare il bicchiere e uscire dal bar all’ora di chiusura e forse avevamo ragione perché quella sceneggiata intralciò le indagini in corso su un effettivo traffico di droga. Ora però, con la Meloni premier che cerca i tutti i modi di esternalizzare le frontiere per un pugno di migranti che arrivano sulle nostre coste e spende risorse pubbliche per creare centri in Albania che non sono conformi alle leggi europee, dobbiamo chiederci se l’Italia sia un Paese sicuro dove emigrare.
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Riavvolgiamo il nastro. Sapete già che i primi 14 migranti mandati nei centri albanesi appena inaugurati sono tornati in Italia. E sapete pure che i centri sono costati un cifra abnorme (134 milioni di euro all’anno per cinque anni) in una fase di stagnazione economica per usare un eufemismo. Quello che forse ancora non sapete è che stabilire per legge quale sia un paese sicuro è complicato perché ogni Paese europeo, per ora, definisce la sua lista di paesi sicuri.
La definizione di “paese sicuro” è contenuta in una direttiva europea del 2013, che chiarisce le procedure da seguire per esaminare le domande di protezione internazionale presentate dai migranti che arrivano in uno stato dell’Unione Europea. Secondo la direttiva un paese può essere considerato “sicuro” se «sulla base dello status giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che non ci sono generalmente e costantemente persecuzioni, tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale».
E poi se i migranti, durante il loro percorso migratorio hanno subito torture, sevizie, o hanno vissuto in stato di semischiavitù, la loro vulnerabilità li fa diventare soggetti vulnerabili a cui dare protezione umanitaria o no ?
Bangladesh ed Egitto da cui provenivano i migranti portati in Albania, non possono essere considerati interamente sicuri secondo le norme europee. Questo rende inapplicabile la procedura di asilo accelerata prevista dall'accordo italo-albanese secondo le norme EU che sono sovranazionali. E il governo Meloni può aggrapparsi su vetri insaponati, introdurre altri decreti liberticidi, camminare sulle mani e fare una nuova lista di Paesi sicuri, come ha fatto ieri, ma servirà a poco per risolvere l’inguàcchio creato.
L’Italia non è un Paese sicuro
Invece di addentrarci nelle questioni tecniche, io mi chiedo e vi chiedo: considerate l’Italia un Paese sicuro per un migrante che scappa dalle persecuzioni, la guerra e le torture in Libia? Nelle sovraffollate carceri italiane, i detenuti sono costretti a restare in cella 23 ore su 24, nel 2024 ci sono stati 75 suicidi, le forze dell’ordine stanno monitorando l’allarmante crescita di gruppi di adolescenti che si aggregano in gruppi di estrema destra e sposano l’ideologia suprematista. E ancora: i casi di femminicidio sono quotidiani mentre le misure di contrasto alla violenza contro le donne risultano troppo spesso fallaci. Inoltre abbiamo un vicepremier che continua a commettere il reato di istigazione all’odio e si spinge a definire i migranti “cani e porci”, mentre aumenta l’allarme per la salute mentale degli adolescenti che commettono reati e uccidono per ragioni che la ragione non conosce. Certo, viviamo in un Paese che ha una Costituzione esemplare molto evocata e un sistema parlamentare democratico ma il governo liberticida, con un’ipertrofico intervento legislativo, nell’arco di due anni ha introdotto 48 nuovi reati e aumenti di pena per un totale di 417 anni di carcere in più nel nostro ordinamento.
Perciò, invece di discutere se i centri per migranti in Albania siano o meno conformi alle leggi costituzionali e norme europee (e non lo sono), giunti a questo punto della notte italiana, io mi sto chiedendo se il nostro Paese possa ancora essere considerato sicuro per un migrante che bussa alle porte dei nostri confini per chiedere rifugio, protezione, libertà.
💪🏽 Perché non bisogna temere gli studenti stranieri e favorire l’interazione
La Commissione Europea ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia UE a causa delle condizioni lavorative precarie e discriminatorie riservate ai dipendenti della scuola pubblica. A due anni dal suo insediamento, il Governo Meloni si è concentrato esclusivamente su questioni secondarie e ha alimentato il fuoco della discriminazione e dell’intolleranza. Con questo articolo, inizia la sua collaborazione con NRW Davide Scorsa. Figlio di una coppia mista, è studente magistrale in Psicologia Sociale ed educatore professionale specializzato nell’integrazione scolastica e nei casi di fragilità familiare.
Leggiamo, facciamo cose e vediamo gente
📚 I libri di NRW: Passioni e altre catastrofi
Di lei dicevano che fosse una Don Giovanni, versione femminile dell’omonimo aristocratico dell’opera di Wolfgang Amadeus Mozart. Non proprio un complimento per questa donna che nei primi anni del secolo scorso, sfidando la morale, il buon costume e la Buoncostume, non nascondeva il suo essere lesbica. Anzi, lo rivendicava con orgoglio, quasi un’antesignana delle eroine che decenni dopo si batteranno per il riconoscimento della diversità di orientamento sessuale. Nata a Ravenna nel 1887 e morta nel 1971, animata da un’ambizione artistica che non ha mai dato frutti di alto valore letterario, almeno fintanto che era in vita, Cordula Poletti detta Lina ha vissuto una vita piena di avventure in quel periodo storico fra la fine dell’800 e la prima metà del ’900 in cui i protagonisti della scena erano artisti che tutt’oggi apprezziamo, da Picasso a Gertrude Stein, Rainer Maria Rilke, protagonisti anche di questa biografia con qualche licenza, scritta da Alessandra Cenni per Castelvecchi, dal titolo Passioni e altre catastrofi. La recensione e un estratto di Passioni e altre catastrofi nella rubrica di Fabio Poletti per NRW.
Buon viaggio Andrea 💔
Colto, gentile, schivo. Ieri ci ha lasciato l’avvocato Andrea Parini senza il quale il progetto di Nuove Radici non sarebbe mai nato. È stato il primo presidente dell’associazione Nuove Radici in un momento di delicata transizione. È stata la persona che con le sue infinite conoscenze legali ci ha permesso di muovere i primi passi. Lo ricorderemo per tante serate allegre in cui ci ha dato anche preziosi consigli. Davanti a un lutto improvviso, si resta sempre ammutoliti. Perciò vogliamo solamente dire che ci mancherà molto e vogliamo condividere il nostro dolore con quello di Giulia Parini e la sua famiglia per questa perdita incolmabile.
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